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Epidemiologia e diagnosi dell'ipertensione arteriosa

In tutte le popolazioni industrializzate la pressione arteriosa aumenta con l'invecchiamento. A parità di età, è più alta nei maschi che nelle femmine in età fertile.

Nella popolazione, la pressione si distribuisce in maniera unimodale. Nella curva di distribuzione della Pressione arteriosa nella popolazione, i pazienti che soffrono di ipertensione arteriosa sono rappresentati dalla coda verso i valori alti e non sono distinguibili dai normotesi se non per quel carattere quantitativo continuo che è la pressione arteriosa. La probabilità di ammalare di malattie cardiovascolari aumenta in maniera continua con l'aumento della pressione arteriosa. Poiché la relazione tra pressione e rischio è continua, il limite tra normotensione ed ipertensione è arbitrario ed è posto in base a considerazioni che non sono solo cliniche ma anche statistiche ed epidemiologiche.

In tutte le popolazioni industrializzate la pressione arteriosa aumenta con l'invecchiamento. A parità di età, è più alta nei maschi che nelle femmine in età fertile. Intorno alla menopausa avviene il cosiddetto "sorpasso" e da allora la pressione media è più alta nelle femmine che nei maschi, verosimilmente per una premorienza dei maschi ipertesi. L'aumento della pressione con l'invecchiamento non è un fenomeno fisiologico e non si osserva nelle popolazioni primitive che si alimentano con diete povere di sale. La velocità dell'aumento della pressione con l'invecchiamento è direttamente proporzionale al consumo medio giornaliero di sodio. La pressione arteriosa aumenta con l'età anche nell'infanzia e l'aumento della pressione segue quello dello sviluppo corporeo.
Visto il comportamento della pressione arteriosa in relazione all'età ed al sesso non stupisce che la prevalenza dell'ipertensione aumenti con l'invecchiamento e sia inferiore nel sesso femminile fino all'età menopausale. Secondo indagini epidemiologiche condotte negli anni '70, la prevalenza dell'ipertensione nella popolazione del Veneto era del 10% nell'intervallo di età 20-25 anni ed aumentava progressivamente con l'invecchiamento fino a raggiungere la prevalenza del 60% nell'intervallo 60-65 anni.

Oltre all'arbitrarietà del limite tra normotensione ed ipertensione, a rendere più difficile la diagnosi di ipertensione arteriosa, si aggiunge la variabilità della pressione che non consente di etichettare un individuo con un singolo valore numerico. Un problema particolare è rappresentato dalla "reazione d'allarme" che alcuni pazienti presentano alla visita medica ed alla misurazione pressoria. Tale reazione emotiva si accompagna ad un rialzo pressorio limitato alla visita, che è stato perciò definito come "ipertensione da camice bianco". Esso potrebbe far etichettare come ipertesi dei soggetti che sono invece normotesi al di fuori dell'ambulatorio. Nel sospetto di "ipertensione da camice bianco" sono indicati sia l'automisurazione domiciliare della pressione, che non scatena alcuna reazione d'allarme, sia il monitoraggio ambulatorio che dimostrerà la normalità della pressione durante le usuali attività quotidiane.
Altre indicazioni cliniche al monitoraggio ambulatorio della pressione sono la documentazione di resistenza alla Terapia antiipertensiva, l'accertamento di puntate ipertensive nel sospetto di un feocromocitoma o paraganglioma, la verifica di assenza del normale ritmo sonno-veglia caratteristico di alcune forme di ipertensione secondaria (Cushing, eclampsia, reninoma...), le sincopi di sospetta natura cardiogena.

La reazione d'allarme è solo un esempio della variabilità della pressione, in conseguenza di stimoli nervosi. Con le tecniche di monitoraggio per 24 ore è stato infatti possibile dimostrare che la pressione subisce più o meno rapidi incrementi e cali per tutta una serie di stimoli legati all'attività fisica e mentale, ai pasti, al riposo. Inoltre la pressione arteriosa presenta una variabilità intrinseca a brevissimo termine in conseguenza della attività respiratoria, una variabilità nictemerale, con valori massimi al risveglio e valori minimi durante il riposo notturno, una variabilità circaannuale, con valori massimi durante la stagione fredda e valori minimi durante la stagione calda, ed una variabilità a lungo termine in conseguenza dell'invecchiamento (aumento graduale) o di una terapia antiipertensiva condotta in maniera efficace (diminuzione progressiva).

È fondamentale, ai fini di una corretta diagnosi di ipertensione e di una appropriata gestione della terapia antiipertensiva, che sia il medico che il paziente riconoscano la variabilità della pressione arteriosa come un fenomeno clinicamente rilevante da non trascurare.
Da quanto esposto, appare chiaro che la definizione dei limiti di normalità della pressione arteriosa è arbitraria e che la diagnosi di ipertensione arteriosa risente di considerazioni che sono sia clinico-terapeutiche che epidemiologiche e statistiche. È infatti evidente che tanto più alto viene posto il limite superiore di norma della pressione arteriosa, tanto più basso è il numero degli ipertesi da studiare e trattare. Inoltre va sottolineato che quanto più grave e resistente alla terapia è l'ipertensione, tanto più probabile è che si tratti di una forma secondaria.
Gli ipertesi più gravi sono quelli che hanno il rischio cardiovascolare più elevato e che pertanto si avvantaggiano maggiormente della terapia antiipertensiva. Essi sono però una piccola frazione della popolazione di ipertesi e contribuiscono in maniera modesta al numero totale di accidenti cardiovascolari della popolazione stessa. La maggior parte degli eventi cardiovascolari si manifesta infatti negli ipertesi di grado lieve che, pur presentando un aumento dell'indice di rischio, costituiscono la stragrande maggioranza della popolazione.

Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, la Società Internazionale dell'Ipertensione ed il Comitato tecnico americano (Joint National Committee VI) si definiscono normali i valori tensivi inferiori a 130 mmHg per la sistolica e 85 mmHg per la diastolica.

Tabella I. Classificazione dei valori tensivi secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) e l'International Society of Hypertension (ISH, 1999).

  Sistolica (mmHg)   Diastolica (mmHg)
       
Ottimale  
       
Normale  
       
Normale - alta 130-139 o  
Ipertensione di Grado 1 (lieve) 140-159 o  
Sottogruppo Borderline 140-149 o 90-94
Ipertensione di Grado 2("moderata") 160-179 o 100-109
Ipertensione di Grado 3 ("grave") > 180 o >
Ipertensione sistolica isolata > e
Sottogruppo Borderline 140-149 e


Tabella II. Classificazione dei valori pressori in soggetti adulti di età superiore ai 18 anni secondo il VI Joint National Committee (1997)

Categoria Sistolica (mmHg)   Diastolica (mmHg)
Ottimale e
  e
Normale-alta 130-139 o 85-89
Ipertensione      
Stadio 1 (lieve) 140-159 o 90-99
Stadio 2 (moderata) 160-179 o 100-109
Stadio 3 (grave) ³ 180 o N³ 110


NB: quando la pressione sistolica e diastolica di un paziente rientrano in categorie differenti, la classificazione va fatta in base alla categoria maggiore.Per valori tensivi superiori si parla di ipertensione arteriosa che può essere poi classificata in "borderline", lieve, moderata e grave (Tabella I e II). In considerazione della difficoltà di classificare l'ipertensione solo in funzione dei valori tensivi, si attribuisce molta importanza alla classificazione eziologica.

Tabella III. Classificazione eziologica dell'ipertensione arteriosa

Ipertensione sistolica con aumento della pressione differenziale

  • Ridotta compliance arteriosa (arteriosclerosi)
  • Aumento della gittata sistolica
  1. Insufficienza aortica
  2. Tireotossicosi
  3. Sindrome cardiaca ipercinetica primaria
  4. Fistola arterovenosa
  5. Dotto di Botallo pervio

Ipertensione sistolica e diastolica (aumento delle resistenze vascolari periferiche)

  • Renale monolaterale e bilaterale
  1. Pielonefrite cronica
  2. Glomerulonefrite acuta e cronica
  3. Rene policistico
  4. Stenosi nefrovascolari, infarto renale
  5. Altre nefropatie (nefropatia diabetica, ecc.)
  6. Neoplasie renino-secernenti
  • Endocrina
  1. Contraccettivi orali

Iperattività della corticale dei surreni
 

  a-Iperaldosteronismo primario (adenoma, iperplasia micro-macro- nodulare, iperaldosteronismo sensibile ai glicocorticoidi)
 
b-Morbo e Sindrome di Cushing
 
c-Sindromi surrenogenitali congenite o ereditarie (deficit di 17-α- e 11-ß idrossilasi)

 

Tabella IV. Prevalenza dei vari tipi di ipertensione nella popolazione generale di Camposampiero (PD) e nella letteratura medica

DIAGNOSI POPOLAZIONE GENERALE (%) LETTERATURA MEDICA (%)
     
Ipertensione essenziale   65-85
Ipertensione renale    
parenchimale 7 4-5
nefrovascolare 3 4-16
Ipertensione endocrina    
Iperaldost.prim. 1 0.5-1.2
S. di Cushing 1 0.2
Feocromocitoma 0.2
Contraccettivi orali 1-2  
Varie 1 1
  1. Sindrome da apparente eccesso di mineralcorticoidi
  2. Feocromocitoma
  3. Mixedema
  4. Acromegalia
  5. Iperparatiroidismo primitivo
  • Neurogena
  1. Psicogena
  2. Sindrome diencefalica
  3. Disautonomia familiare (Riley-Day)
  4. Polineurite (porfiria acuta, avvelenamento da Pb)
  5. Aumento della pressione intracranica (acuta)
  6. Sezione del midollo spinale (acuta)
  • Varie
  1. Coartazione dell'aorta
  2. Aumento del volume intravascolare (trasfusioni eccessive, policitemia)
  3. Panarterite nodosa
  4. Ipercalcemia
  5. Sindrome di Liddle

Da farmaci e tossici

  • Mineralcorticoidi e glicorticoidi esogeni
  • Liquerizia e carbenoxolone
  • Ciclosporina
  • Simpaticomimetici, tiramina, inibitori MAO
  • Sostanze da abuso (cocaina, ecc.)
  • Anoressizzanti
  • Decongestionanti nasali
  • Antidepressivi
  • Fenotiazinina
  • Eritropoietina

Eziologia sconosciuta

  1. Ipertensione essenziale (oltre il 90% dei casi)
  2. Tossiemia gravidica
  3. Porfiria acuta intermittente

ed alla classificazione in funzione dell'esistenza di danni agli organi bersaglio

Tabella V. Classificazione dell'ipertensione arteriosa sulla base dei danni d'organo (Organizzazione Mondiale della Sanità, Società Internazionale dell'Ipertensione, (1993)

  • Stadio I: Assenza di segni obiettivi di danni d'organo
  • Stadio II: Almeno uno dei seguenti segni di danno d'organo
  1. Ipertrofia ventricolare sinistra (Rx,ECG,Eco)
  2. Restringimento generalizzato e focale delle arterie retiniche
  3. Proteinuria e/o lieve aumento della creatininemia (1.2-2.0 mg/dL)
  4. Placche aterosclerotiche in sede carotidea, aortica, iliaca o femorale (RX, Ecodoppler)
  1. TIA, ictus, encefalopatia ipertensiva
  2. emorragie ed essudati retinici con o senza papilledema
  3. creatininemia > 2.0 mg/dL
  4. aneurisma dissecante dell'aorta, arteriopatia occlusiva sintomatica
Ultimo aggiornamento: 19 Giugno 2018
9 minuti di lettura

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