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La storia del diabete: quando è stato scoperto

La storia del diabete: quando è stato scoperto

Una descrizione precisa del diabete nell'antichità, già menzionato nel papiro di Ebers, si ebbe nel IV secolo con il medico indù Susruta.

Il primo documento della storia in cui si fa cenno al diabete è il papiro di Ebers, pubblicato dall'archeologo tedesco Georg Moritz Ebers nel 1875. Si tratta di un trattato di medicina di 20 metri redatto nell'antico Egitto nel 1552 a.C. e scoperto a Luxor. Viene menzionata la poliuria come sintomo principale ed associata ad acqua che scorre, da cui il nome di diabete. A questo nome viene poi associato l'aggettivo 'mellito', in riferimento al sapore dolce dell'Urina (perché in mancanza di strumenti adeguati i primi medici le urine le assaggiavano).

Una descrizione precisa di questa patologia nell'antichità fu effettuata ad opera del medico indù Susruta, che probabilmente visse nel IV secolo e scrisse un numero enorme di trattati medici; egli già distingueva due forme di diabete: l'una giovanile, alla quale non si sopravviveva molto, e l'altra presente in adulti obesi. È facile vedere in questa suddivisione primordiale la differenza tra Diabete di tipo 1 e diabete di tipo 2.

Nel Cinquecento cominciarono le prime grandi scoperte mediche; in quel periodo Paracelso studiò il diabete grazie all'osservazione dell'urina ed arrivò alla conclusione che la poliuria e la gran sete dei malati di diabete era dovuta ad una sostanza, che egli credeva fosse sale, che si perdeva nelle urine e residuava quando queste evaporavano. In realtà, si trattava di zuccheri ed il primo riferimento alla consistenza dolce dell'urina dei diabetici nell'era moderna è la menzione di Thomas Willis nel XVII secolo.

Nello stesso periodo anche un altro medico tentò di trovare la strada giusta da percorrere per meglio conoscere questa patologia; Thomas Sydenham affermò che il diabete era dovuto ad una digestione scarsa di una sostanza che veniva quindi espulsa nelle urine.

Anche il XVIII secolo vide grandi passi avanti. Innanzitutto, un medico inglese, Matthew Dobson, cominciò uno studio sistematico della sintomatologia avendo a disposizione un gruppo di pazienti diabetici su cui fare ricerca ed osservazione. Egli si accorse della presenza dello zucchero sia nel sangue che nelle urine e pensò che la causa fosse, come aveva ipotizzato un secolo prima Sydenham, una digestione difettosa.

John Rollo, invece, approfondì gli studi, valutando altri sintomi e prescrivendo ai suoi pazienti diete ricche di carne e povere di carboidrati. Ma fu soltanto con Thomas Cawley che, per la prima volta, fu chiamata in causa una disfunzione pancreatica, pur senza averne una precisa e sistematica definizione. Le ricerche si diressero allora tutte in questa direzione. Nel 1869, Paul Langerhans scoprì la presenza di alcuni gruppi di cellule diverse all'interno del pancreas; questi raggruppamenti somigliavano a delle isolette ed ancora oggi vengono dette le insule di Langerhans.

È proprio da qui che partì, agli inizi del XX secolo, la ricerca di Frederick Banting. Egli aveva seguito con estremo interesse le teorie di Shafer e di altri suoi collaboratori, i quali affermavano che il diabete fosse provocato dalla mancanza di una proteina delle cellule presenti nelle insule di Langerhans, a cui avevano dato il nome di insulina. Shafer aveva teorizzato che l'insulina controllasse il metabolismo degli zuccheri e, quindi, la mancanza di questa proteina provocava un difetto nel metabolismo e, di conseguenza, la grossa quantità di zuccheri presente nelle urine.

Banting, incuriosito dal lavoro di un certo Moses Baron il quale dimostrava come la legatura del condotto pancreatico portava alla degenerazione delle cellule che producevano tripsina, ma non delle insule di Langerhans, riuscì ad ottenere dal professor McLeod della cattedra di fisiologia dell'Università di Toronto la possibilità di fare degli esperimenti durante le ferie estive insieme ad uno studente, Charles Best. Procedendo proprio dallo scritto di Baron, essi riuscirono a produrre un estratto del pancreas di alcuni animali liberato dalla tripsina; provocarono poi in altri animali un diabete sperimentale e iniettarono loro l'estratto, notando una remissione dei sintomi tipici del diabete. Avevano scoperto l'insulina.

Per questa scoperta di portata mondiale Banting e McLeod (anziché Best) furono insigniti del premio Nobel nel 1923. Da quel momento, si cominciò a studiare l'insulina, la sua struttura, le sue funzioni. Nel 1954 Frederick Sanger procedette a studiarne la struttura e la combinazione dei suoi aminoacidi. Poiché era essenziale capire la successione esatta, Sanger ed i suoi collaboratori lavorarono un anno preciso a questo compito e alla fine riuscirono ad identificare tutti gli elementi che componevano la struttura dell'insulina e vennero premiati con il Nobel per la medicina nel 1955, anche se bisognò aspettare il 1970 per capire la struttura tridimensionale della molecola.

Nel 1978, utilizzando l'ingegneria genetica, viene finalmente prodotta la prima Insulina umana. Anche il modo di somministrare la terapia cambiò nel tempo. Nel 1973, ad esempio, vennero eliminate dal mercato americano le siringhe U-100 che inducevano errori nel dosaggio e vennero sostituite con siringhe U-80 ed U-40; in Italia si dovrà aspettare il 1999 per questa sostituzione. Al 1986, invece, risale la creazione della cosiddetta penna da insulina, che rende le iniezioni più facili da effettuare.

Oggigiorno, si sta sempre più pensando ai trapianti di pancreas o di insule pancreatiche ottenibili grazie all'ingegneria genetica oppure alla coltivazione di organi. Il primo passo è sempre quello del prelievo e della correzione degli errori genetici del paziente per poi procedere agli impianti e allo sviluppo dei maiali transgenici o degli organi da trapiantare. Ma per questi tipi di terapie siamo ancora nel campo delle ipotesi e della sperimentazione.

Ultimo aggiornamento: 10 Gennaio 2020
6 minuti di lettura

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