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Esperto Risponde

Gentile dottore, vorrei sottoporre alla sua

Gentile Dottore, vorrei sottoporre alla Sua attenzione il caso di mio padre (82 anni) che mi preoccupa molto. Cinque anni fa, mio padre ha avuto un infarto. Ricoverato, è stato sottoposto (purtroppo solo 6 giorni dopo) ad intervento di angioplastica con stent. Dopo quell'episodio, e sicuramente grazie anche all'intervento, la sua situazione cardiaca è decisamente migliorata: prima dell'angioplastica, soffriva spesso di angina e del classico "nodo in gola" anche dopo uno sforzo lieve, ma superata la fase critica è stato sempre piuttosto bene, proseguendo con le cure (finalizzate principalmente ad abbassare la pressione) e mantenendo uno stile di vita sano, senza mai interrompere una moderata ma costante attività fisica. Ultimamente, purtroppo, sono ripresi i fastidi alla gola in conseguenza di lievi sforzi (come salire le scale o fare quattro passi). Dopo le visite (ecg ed eco da sforzo), il medico ha consigliato una nuova coronarografia che se da un lato ha mostrato una buona situazione del precedente impianto, ha anche evidenziato due nuovi "restringimenti" che hanno richiesto il posizionamento di due ulteriori stent. Purtroppo però, questa volta la situazione non sembra affatto migliorata: trascorsi quattro gironi dall'intervento, i sintomi anginosi non sono per nulla regrediti (se non addirittura peggiorati) e al contrario, si sono presentate situazioni nuove: dopo l'intervento, si sono notati comportamenti aritmici prima non presenti (o quanto meno mai notati) che hanno indotto i medici a consigliare l'applicazione di un pacemaker artificiale (intervento da eseguirsi tra un mese e mezzo). Ecco le mie domande. Abbiamo motivo di credere che l'intervento sia stato eseguito da mani non troppo "esperte": E' possibile che l'esame di coronarografia (o l'intervento di angioplastica) possa aver causato un problema inerente le aritmie e i nuovi disturbi rilevati? Per quanto riguarda i persistenti dolori anginosi, il medico, dopo la valutazione degli esami, li ha giustificati spiegandoci che è rimasta un'arteria coronarica > quasi completamente occlusa. Per far terminare i dolori, sarebbe necessario attendere una completa occlusione dell'arteria che, una volta interrotta, avrebbe costretto il sangue a trovare naturalmente un percorso differente e questo fatto avrebbe fatto cessare le angine. Ritiene plausibile una spiegazione del genere? Ringraziando per la cortese attenzione ed anticipatamente per una eventuale risposta, porgo distinti saluti.
Risposta del medico
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Difficile valutare il caso senza un diretta visione della coronarografia e del risultato angiografico ottenuto dopo posizionamento degli stent. Mancano inoltre dati inerenti alla tipologia delle aritmie riscontrate. Per ultimo appare importante conoscere la frazione di eiezione del VSx poiché tale parametro è strettamente correlato con la prognosi. La malattia coronarica è purtroppo una malattia progressiva, con frequente interessamento di più rami arteriosi e spesso difficile da curare. Piccoli rami coronarici, non aggredibili con procedure di rivascolarizzazione (angioplastica o By-pass) possono determinare sintomi invalidanti (angina ricorrente, suscettibilità alle aritmie). La progressiva chiusura di un piccolo ramo coronarico può effettivamente interrompere la sintomatologia (si potrebbe creare un circolo collaterale che porterebbe sangue al tessuto precedentemente ischemico, ovvero, nella peggiore delle ipotesi, si potrebbe determinare un piccolo infarto della zona di muscolo cardiaco servita dal piccolo vaso malato ). Credo comunque che Lei possa fidarsi dei cardiologi che hanno in cura Suo padre e discutere con loro dei vari problemi. Auguri
Risposto il: 09 Aprile 2008