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Perché riposare è importante per le abilità cognitive?

Perché riposare è importante per le abilità cognitive?

Lo studio di una importante area del cervello rappresenta un'interessante opportunità per chiarire i meccanismi alla base del funzionamento mentale normale e patologico.

Una pausa per la meditazione, un sonnellino, un quarto d’ora di silenzio assoluto. Sono momenti preziosi per il nostro cervello che in questo modo si ricarica di energie e di nuove risorse per esprimere fantasia e creatività.

Sono sempre più numerosi gli studi che dimostrano quanto prendersi una pausa favorisca le abilità cognitive ed intellettuali e qualcuno è andato anche oltre, allungando a dismisura la pausa dal lavoro e dalla confusione.

È il caso di Michael Taft, scrittore e insegnante di meditazione che due anni fa intraprese una 'maratona della meditazione': per 92 giorni visse in totale isolamento senza dire una parola a nessuno. L’obiettivo dichiarato era quello di favorire una decongestione cerebrale. Ma senza voler raggiungere simili livelli, basta dare uno sguardo alla propria giornata lavorativa e a quella dei colleghi per rendersi conto che passiamo gran parte del tempo a ricevere e gestire le informazioni piuttosto che ad usarle in modo costruttivo. Spesso rispondiamo alle email anche quando siamo in vacanza o in pausa: ci sentiamo obbligati a farlo.

E non c’è spazio per riprendere fiato, nemmeno per il cervello. Invece l’ozio offre spazio e tranquillità per vedere il quadro nella sua interezza e per raccogliere la giusta ispirazione per svolgere un compito. E le prove empiriche sono numerose. Tanti studi si sono soffermati sull’importanza della pausa, del pisolino, del silenzio, della vacanza. Ma perché l’ozio è così prezioso per le abilità cognitive?

Studi condotti nei primi anni Novanta fecero luce sull’importanza del Dmn (default-mode network) che comprende le aree del cervello che si attivano quando il soggetto dorme o non è concentrato sulla realtà che lo circonda. I tempi del Dmn sono essenziali per dare significato a ciò che abbiamo appreso, per far affiorare tensioni irrisolte ed elaborare gli errori commessi.

Momenti di pura introspezione che aprono la strada alla costruzione del sé e alla creatività. In uno studio del 2006, Ap Dijksterhuis ed i suoi colleghi chiesero a 80 studenti dell'Università di Amsterdam di scegliere la migliore auto tra una serie di quattro che i ricercatori avevano precedentemente ordinato in base ad elementi come dimensioni, chilometraggio, maneggevolezza.

Metà dei partecipanti aveva solo 4 minuti di tempo per esaminare le specifiche e dare il risultato, mentre gli altri 40 dovevano deliberare mentre venivano distratti dai ricercatori con degli anagrammi.

Il risultato? Gli studenti del secondo gruppo fecero scelte migliori. Ciò dimostrerebbe che il giusto tipo di distrazione (risolvere anagrammi semplici, ma anche fare la doccia, lavare i piatti) permette al Dmn di integrare le informazioni da una vasta gamma di regioni del cervello e in modi molto più complessi di quanto non si riesca concentrandosi sul problema.

Leggi anche:
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Ultimo aggiornamento: 12 Giugno 2017
3 minuti di lettura
Commento del medico
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Numerosi studi effettuati negli ultimi anni hanno evidenziato la presenza nel nostro cervello di una rete di aree la cui attività aumenta quando non si è impegnati in operazioni specifiche e diminuisce durante lo svolgimento di compiti cognitivi.

Tale circuito neurale è definito Default Mode Network (DMN) e coinvolge principalmente la corteccia prefrontale mediale, la corteccia cingolata posteriore, le aree parietali laterali e la parte mediale dei lobi temporali. Inizialmente si riteneva che il DMN fosse un sistema preposto alla valutazione delle informazioni provenienti dall’ambiente esterno ed interno; successivamente si è potuto osservare come esso partecipi anche ad una serie di funzioni cognitive complesse.

In particolare, sembrerebbe che tali aree siano fortemente coinvolte nei compiti psicologici legati alla riflessione sul sé e sul proprio mondo interiore. Un filone di ricerca molto interessante riguarda lo studio del DMN in alcune patologie neuropsichiatriche.

È stato visto, ad esempio, che i pazienti schizofrenici hanno difficoltà a sopprimere l’attività DMN durante lo svolgimento di compiti cognitivi riducendo significativamente la qualità della performance. Difficoltà di soppressione sono state osservate anche nei pazienti depressi i quali non riescono a ridurre l’attività DMN durante la ruminazione su pensieri negativi. Pertanto lo studio del DMN rappresenta un’interessante opportunità per chiarire ulteriormente i meccanismi alla base del funzionamento mentale normale e patologico.

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