Non è possibile dare una risposta univoca in quanto è necessario essere a conoscenza dei dati clinici completio del singolo caso. Solo in tal modo si potrà stabilire la migliore condotta terapeutica tra ripetere un’altra seduta di chemioembolizzazione (se la prima non è stata completamente efficace) oppure effettuare una terapia ablativa percutanea (alcolizzazione, radiofrequenza) su eventuali aree tumorali rimaste vitali dopo la prima seduta di chemioembolizzazione oppure provare con terapia farmacologia (del tipo Sorafenib) oppure non fare nulla e programmare solo periodici controlli clinico-ecografici.