Pochi anni or sono, scienziati britannici hanno mriportato di stare lavorando sul trattamento della cirrosi epatica con cellule staminale dell’adulto. cells. Un gruppo di ricercatori del London's Hammersmith Hospitals hanno valutato dei test su di un processo che utilizza cellule staminali del midollo osseo del paziente stesso per far regredire la malattia epatica. I test di laboratorio hanno mostrato che il nuovo trattatmento con le cellule staminali può migliorare la funzione del fegato ripopolandolo con le cellula staminali. Una sperimentazione simile è in corso anche in Italia presso la Gastroenterologia dell’Ospedale “Le Molinette” di Torino, diretta dal Prof Mario Rizzetto.
Il Baraclude contiene il principio attivo entecavir; è disponibile sotto forma di compresse o di soluzione orale. E’ indicato per il trattamento dell’epatite B cronica negli adulti. La dose cambia a seconda che il paziente sia stato o
meno precedentemente in cura per l’epatite B cronica con un medicinale dello stesso gruppo di Baraclude (un analogo nucleosidico come la lamivudina). Nei pazienti che non sono stati trattati in precedenza con un analogo nucleosidico la dose raccomandata è di 0,5 mg, mentre la dose di 1 mg viene usata nei pazienti che sono stati curati in precedenza con lamivudina e che hanno sviluppato una
“resistenza” (non rispondono più) a questa sostanza. Il principio attivo di Baraclude, entecavir, è un antivirale che appartiene alla classe degli analoghi
nucleosidici. Entecavir interferisce con l’azione di un enzima virale, la DNA polimerasi, che è implicato nella formazione del DNA del virus. Entecavir interrompe la produzione di DNA da parte del virus, impedendogli così di moltiplicarsi e di diffondersi. L’efficacia di Baraclude nella cura dell’epatite B cronica è stata paragonata a quella della lamivudina. Baraclude è risultato più efficace della lamivudina nel trattamento dei pazienti naive: si è osservato un miglioramento delle condizioni epatiche in poco più del 70% dei pazienti trattati con Baraclude
rispetto a poco più del 60% dei soggetti trattati con lamivudina. Questi risultati sono stati ottenuti sia nei pazienti cosiddetti “HBeAg positivi” (infetti dal comune virus dell’epatite B) sia in quelli cosiddetti “HBeAg negativi” (infetti da un virus mutato, che ha provocato una forma di epatite B cronica più difficile da curare).
Baraclude si è dimostrato più efficace della lamivudina anche nei pazienti refrattari (resistenti) a questo medicinale: si è osservato un miglioramento della condizione del fegato nel 55% dei soggetti trattati con Baraclude rispetto al 28% dei soggetti trattati con lamivudina.