Milano, 4 set. (AdnKronos Salute) - Luisa e Lea lottano contro un tumore al polmone in stadio avanzato. Una guerra per la vita che combattono tra alti e bassi come in una folle corsa sulle montagne russe, mentre chi le cura discute di loro e delle terapie per salvarle. 'Roller Coaster - Montagne russe' è il titolo di un cortometraggio che porta il tema del cancro dentro l'Olimpo del cinema, al Festival del cinema di Venezia. L'opera, proiettata questo pomeriggio alle 16, è una storia basata su casi clinici reali. La regia è di Manuela Jael Procaccia, mentre la sceneggiatura nasce dalla collaborazione fra la regista e Silvia Novello, presidente di Walce Onlus, Women Against Lung Cancer in Europe. Nel cast anche medici veri, oltre ad attori professionisti come Eliana Miglio e Chiara Iezzi nel ruolo delle due protagoniste.
Non a caso donne, perché "il tumore del polmone risulta in diminuzione per gli uomini - ricorda Novello - mentre fra le donne la situazione diventa ogni anno più preoccupante, con nuovi casi e decessi in crescita". L'esperta sottolinea come "il rapido evolversi dei trattamenti e l'iter diagnostico in continua evoluzione" facciano sì che "anche il processo formativo del personale sanitario che deve affrontare il cancro sia spesso complesso e articolato. Quello che offre la cinematografia è un supporto estremamente utile nel coadiuvare chi fa educazione in ambito sanitario. Allo stesso modo la disseminazione di informazioni importanti può essere ben veicolata dal cinema, senza stravolgerne il senso e i contenuti e facendo capire a tutti concetti altrimenti difficili da far penetrare".
"Anche i media sono in costante trasformazione, ma il cinema rimane un punto fermo nella trasmissione e condivisione di messaggi - afferma Procaccia - Il grande schermo ha un potenziale comunicativo molto efficace e diretto. Da figlia di medici, la medicina mi scorre nelle vene. Ho quindi scelto il cinema per raccontare delle storie. E il cinema può parlare di tematiche legate alla medicina e favorire così la prevenzione di gravi patologie".
"Grazie a questo cortometraggio - evidenzia Novello - vogliamo far conoscere qualcosa in più su una malattia ancora oggi stigmatizzata socialmente per via della sua stretta correlazione col fumo. Questo impedisce alle persone di provare un senso di empatia e solidarietà", il che "spinge chi ne è affetto a sentirsi solo e colpevolizzato per una condizione che, in realtà, non si è cercata. Raccontare la storia di Luisa e Lea all'interno di un evento come la Mostra del Cinema di Venezia è sicuramente un modo per cercare di educare la popolazione, facendo conoscere meglio alcuni aspetti legati alla malattia, che sono per lo più condivisi solo in ambito medico".
Non a caso donne, perché "il tumore del polmone risulta in diminuzione per gli uomini - ricorda Novello - mentre fra le donne la situazione diventa ogni anno più preoccupante, con nuovi casi e decessi in crescita". L'esperta sottolinea come "il rapido evolversi dei trattamenti e l'iter diagnostico in continua evoluzione" facciano sì che "anche il processo formativo del personale sanitario che deve affrontare il cancro sia spesso complesso e articolato. Quello che offre la cinematografia è un supporto estremamente utile nel coadiuvare chi fa educazione in ambito sanitario. Allo stesso modo la disseminazione di informazioni importanti può essere ben veicolata dal cinema, senza stravolgerne il senso e i contenuti e facendo capire a tutti concetti altrimenti difficili da far penetrare".
"Anche i media sono in costante trasformazione, ma il cinema rimane un punto fermo nella trasmissione e condivisione di messaggi - afferma Procaccia - Il grande schermo ha un potenziale comunicativo molto efficace e diretto. Da figlia di medici, la medicina mi scorre nelle vene. Ho quindi scelto il cinema per raccontare delle storie. E il cinema può parlare di tematiche legate alla medicina e favorire così la prevenzione di gravi patologie".
"Grazie a questo cortometraggio - evidenzia Novello - vogliamo far conoscere qualcosa in più su una malattia ancora oggi stigmatizzata socialmente per via della sua stretta correlazione col fumo. Questo impedisce alle persone di provare un senso di empatia e solidarietà", il che "spinge chi ne è affetto a sentirsi solo e colpevolizzato per una condizione che, in realtà, non si è cercata. Raccontare la storia di Luisa e Lea all'interno di un evento come la Mostra del Cinema di Venezia è sicuramente un modo per cercare di educare la popolazione, facendo conoscere meglio alcuni aspetti legati alla malattia, che sono per lo più condivisi solo in ambito medico".
Ultimo aggiornamento: 04 Settembre 2019
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