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Esperto Risponde

Puo' esserci sicuramente.

Chiedo scusa, ho inviato ieri una domanda ma temo di non aver inserito correttamente qualche dato, poichè non mi è giunta alcuna mail e non ho quindi il codice per accedervi. Ripeto perciò il quesito.Nel maggio del 2004 mi è stato diagnosticato IPOTIROIDISMO, che tratto con Eutyrox, ora 75 e 100 alternati.Nel corso del 2005, per questioni famigliari, ho vissuto un periodo di depressione, curato con sola psicoterapia. Il mio peso corporeo, che da alcuni anni era stabile tra i 64e i 66 kg. (per 1,64 di altezza) ha raggiunto i 60kg o poco meno, causa inappetenza.Nel maggio del 2006 è comparso un dolore alla spalla sinistra, non riconducibile a traumi o sforzi. Le indagini presso alcuni specialisti (ortopedico, reumatologo, neurologo) e le relative analisi non hanno portato all'individuazione di nessuna anomalia ed hanno prodotto una diagnosi di FIBROMIALGIA, che tratto con terapia farmacologica (xeristar 60 mg, 1 capsula al giorno). La diagnosi è stata confermata altre tre volte nel corso degli anni da altri reumatologi.Dal 2006 ad oggi ho avuto un aumento costante del peso corporeo, che ora ha raggiunto i 90 kg. Premetto che i dolori dovuti alla fibromilgia hanno rallentato molto il movimento fisico e che l'alimentazione, al contrario, è rimasta immutata, varia in qualità e non eccessiva in quantità. Sono consapevole che il sovrappeso aumenta i dolori articolari ma qualunque regime alimentare io abbia sperimentato non ha dato risultati, se non un leggero generico senso di sgonfiore.Ora i quesiti: è corretta la cura farmacologica per la fibromialgia?C'è una relazione tra fibromialgia e ipotiroidismo? Come posso vincere la lentezza del metabolismo e riuscire così a perdere perso e conseguentemente a diminuire i dolori?Grazie infinite.
Risposta del medico
Dr. Tiziano Gastaldi
Dr. Tiziano Gastaldi
Specialista in Reumatologia e Ortopedia e traumatologia
Ho giä risposto ad una domanda simile. Le posto un file che ho messo su un sito di una comunitä di aiuto attivo donna. Di solito si tratta di una tiroidite autoimmune di Ashimoto.... ma anche di altre forme.... FIBROMIALGIA – Centrale Periferica? Primaria Secondaria? Dal 1990, alcuni criteri diagnostici e dati clinici proposti dall'American College of Rheumatology compensano la difficoltà diagnostica nella misura in cui nessun marcatore biologico può essere individualizzato, ma costituiscono esclusivamente dei criteri Convenzionali. Dal 1992 l'Organizzazione Mondiale della Sanità (O.M.S.) ha riconosciuto la fibromialgia come entità nosologica e fa comparire la patologia nell'elenco ICD-10 sotto la rubrica M.790 con la denominazione « reumatismo non specificato » caratterizzandola come entità nosologica a sé stante. Nell’ agosto 1992, la dichiarazione di Copenaghen ha riconosciuto l'esistenza della fibromialgia, ma sempre sui criteri convenzionali stabiliti dall’OMS. Ciò nonostante, ancora oggi la sindrome fibromialgica rappresenta un'entità dolorosa cronica ancora controversa, e i pazienti catalogati come fibromialgici aumentano ogni giorno di più. Per poter attribuire il patentino di fibromialgico ad un paziente diventa necessario però, stabilire che non esistano altre cause in grado di giustificare i sintomi riferiti dal paziente. In ogni caso, possiamo viceversa classificare questi pazienti, come pazienti affetti da dolore cronico non infiammatorio, compresi i pazienti affetti da malattie infiammatorie in cui si sviluppano anche sintomi non infiammatori tali da farli rientrare nei criteri per diagnosticare la “fibromialgia”. Questo significa che, in base alle definizioni stabilite dall’OMS, questa ulteriore sintomatologia non viene attribuita alla malattia di fondo, ma la si giudica come solamente associata. Questi criteri, si ribadisce, sono criteri convenzionali. Cos’è il convenzionalismo: Nasce a seguito del dibattito sulle geometrie non euclidee, alla fine dell’800 e viene descritto nel libro “La scienza e l’ipotesi” da Jules Henri Poincarè (nato a nancy il 29.4.1854 e morto a Parigi il 17.7.1912). Fu un matematico, un fisico teorico ed un filosofo naturale francese, ma soprattutto viene considerato un enciclopedico, ed in matematica, l’ultimo universalista con doti eccellenti in tutti i campi della disciplina nota al suo tempo. Questa corrente, ritiene che le teorie scientifiche siano una convenzione, con finalità pratiche ed utilitaristiche e quindi perde la caratteristica di essere un modello assoluto, ma ha esclusivamente una natura ipotetica e le proposizioni da cui muove ciascun sistema sono libere costruzioni dell'uomo, ma non arbitrarie perché vengono elaborate e successivamente accettate in accordo con l'esperienza. Le proposizioni di partenza non possono essere né vere né false in assoluto; devono essere scelte in base a criteri determinanti, che hanno il compito di garantire la riproponibilità delle scelte stesse, al fine dello sviluppo deduttivo della ricerca. I criteri devono essere scelti sulla base della coerenza, che deve essere propria di ogni sistema ipotetico-deduttivo: ciò che importa non è il rapporto con gli oggetti, ma la coerenza logica e la completezza del sistema. Il sistema ipotetico-deduttivo non avrà più una funzione conoscitiva, ma avrà il compito di aiutare la ricerca, guidando lo scienziato nel distinguere il percorso più comodo e più semplice e nella selezione degli assiomi più utili a fornire un orientamento nel mondo dei fatti empirici. Questo significa che il fatto che l’OMS abbia stabilito e riconosciuto la Fibromialgia come entità nosologia, non significa che questa sia una malattia a sé stante, difatti, a livello mondiale, esistono differenti classificazioni che ulteriormente fanno dei “distinguo” tra forme diverse, e la più importante è la suddivisione primaria e secondaria. In base però alla definizione iniziale, la forma secondaria non dovrebbe essere ammessa, in quanto esisterebbe esclusivamente come generata dalla causa principale. Il problema che insorge dipende dal fatto che non si è ancora riusciti a capire il meccanismo per cui un’altra condizione patologica generi la sindrome fibromialgica, o meglio, come mai differenti condizioni patologiche generino alla fine la stessa condizione clinica inquadrabile in base ai criteri stabiliti dall’OMS come “fibromialgia”. E’ questo il punto cruciale sul quale vorrei presentare alcune osservazioni derivate dall’esperienza clinica mia personale e di altri colleghi che si dedicano alla terapia del dolore, alla posturologia, alla osteopatia e alla medicina integrata. IL DOLORE IASP (International Association for the Study of Pain - 1986) e O.M.S.: Il dolore è un’esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole associata a danno tissutale, in atto o potenziale, o descritta in termini di danno. Il dolore deve essere considerato come l’insieme di: una parte percettiva (la nocicezione) che costituisce la modalita’ sensoriale che permette la ricezione ed il trasporto al sistema nervoso centrale di stimoli potenzialmente lesivi per l’organismo, e una parte esperienziale (quindi del tutto privata, la vera e propria esperienza del dolore) che è lo stato psichico collegato alla percezione di una sensazione spiacevole. Determinata dalla dimensione affettiva e cognitiva, dalle esperienze passate, dalla struttura psichica e da fattori socio-culturali. Esiste poi un dolore fisiologico difensivo in quanto segnale d’allarme per una lesione tissutale, e un dolore patologico quando si automantiene non rispondendo più ai requisiti di “spia”, ma diventa a sua volta malattia (Mannion & Woolf, The Clinical Journal of Pain, 2000). Il dolore può essere poi: Transitorio: vi è attivazione dei nocicettori, corpuscoli responsabili della trasmissione degli stimoli dolorosi, senza danno tissutale. Scompare con la cessazione dello stimolo; Acuto: è un dolore nocicettivo, di breve durata in cui solitamente il rapporto di causa/effetto è evidente: nel dolore acuto, per effetto di una causa esterna o interna, si ha una fisiologica attivazione dei nocicettori. Si ha, in genere, un danno tissutale; il dolore scompare con la riparazione del danno. Recidivo: come spesso avviene nelle cefalee. Persistente: la permanenza dello stimolo nocicettivo o della nocicezione rendono il dolore "persistente". È "cronico" il dolore associato a profonde modificazioni della personalità e dello stile di vita del paziente che costituiscono fattori di mantenimento indipendenti dall'azione dei nocicettori. Il dolore “cronico” è caratteristico dei PRIMATI e non esiste negli altri animali. In base a questa classificazione avremo anche DOLORE “utile” per indicare uno stato patologico incombente, e “inutile” . Questo ultimo tipo di dolore, rappresentato da tutti i tipi di dolore cronico, sia di origine benigna che maligna, deve essere soppresso, pena una qualità di vita gravemente penalizzata. Potrebbe, contrariamente a quanto visto, il dolore considerato “inutile” essere ancora il segnale di una patologia non individuata o non correttamente trattata? PERCEZIONE DEL DOLORE: deriva dalla successione di una serie eventi: la trasduduzione, la trasmissione e la modulazione dello stimolo doloroso o nocicettivo. TRASDUZIONE: è la trasformazione che operano i recettori nervosi periferici di stimoli chimici, meccanici e termici in eccesso in impulsi elettrici che viaggiano lungo le fibre nervose. Il tipo di stimolo è codificato dalla frequenza degli impulsi. La trasmissione dello stimolo doloroso avviene attraverso vie nervose contenute dapprima nei tronchi nervosi, nelle radici, a seguire midollo spinale, costituendo il fascio spino-talamico. Il punto di arrivo é Il talamo, che è un importante centro di smistamento dei segnali nocicettivi e sensitivi in generale, soprattutto verso la corteccia cerebrale e verso i lobi frontali e parietali. TRASMISSIONE: è influenzata da due importanti fenomeni : la cosiddetta sensibilizzazione ed il "gate control". La prima, origina l'iperalgesia , ovvero una aumentata percezione dello stimolo, e facilita la trasmissione dello stimolo doloroso quando questo perdura. La teoria del gate (cancello) control è basata sull'osservazione per cui gli altri segnali sensitivi non dolorifici possono "chiudere il cancello" ed bloccare la trasmissione degli stimoli nocicettivi. Le vie nervose che conducono gli stimoli sensitivi periferici verso la corteccia cerebrale, avendo una capacità di conduzione quantitativamente limitata, condizionano una riduzione degli stimoli dolorifici quando aumentano i segnali non nocicettivi, principio sfruttato da alcune tecniche analgesiche come l'agopuntura. MODULAZIONE: lo stimolo periferico, quando raggiunge la corteccia cerebrale ha cambiato caratteristiche, infatti nel percorso subisce un processo di modulazione determinato da alcune strutture strutture cerebrali, come la sostanza grigia peri-acqueduttale e nucleo del rafe magno, da cui originano vie nervose discendenti che vanno ad influenzare, soprattutto a livello del midollo spinale, le vie ascendenti del dolore, diminuendo la trasmissione degli stimoli elettrici nocicettivi. In questa modulazione, intervengono alcuni mediatori chimici tra cui serotonina, noradrenalina e gli oppioidi endogeni (endorfine), analgesici direttamente prodotti dal nostro organismo. Riassumento, la coscienza del dolore risulta da una sommatoria di stimoli che coinvolgono le aree recettive del sistema nervoso che portano ad una situazione sgradevole, modificabile col tempo e che comprende: la sensazione generata dall’arrivo dello stimolo nocicettivo dalla periferia (dolore vero e proprio), e la componente affettivo/emozionale (sofferenza). Queste due componenti variamente rintracciabili in chi prova dolore, determinano l’estrema variabilità dei quadri soggettivi. LA NEVROGLIA. La GLIA è costituita da cellule che costituiscono il sistema nervoso assieme ai neuroni. Sono cellule con funzione nutritiva e di sostegno per i neuroni, hanno funzione di ISOLAMENTO tra i vari tessuti nervosi che sostengono, e proteggono il tessuto nobile da eventuali lesioni, specie meccaniche. Studi recentissimi hanno però identificato e dimostrato un loro ruolo attivo nella trasmissione degli impulsi nervosi. Contrariamente ai neuroni che raramente si riproducono per mitosi, queste cellule sfruttano frequentemente questo fenomeno con una attiva riproduzione Le GLIA è stata identificata per la prima volta nel 1891 da Santiago Ramón y Cajal, medico e istopatologo spagnolo, premio Nobel per la medicina nel 1906. Importante è ricordare la sua polemica con l’italiano Camillo Golgi, culminata nell’anno del suo “Nobel” in cui Golgi espose la teoria della “rete diffusa”, smentito da Cajal che presentò la teoria del neurone come costituente una unità a sé stante. La leggendo che utilizziamo un decimo del nostro cervello, nasce dal fatto che le cellule gliali sono nove volte superiori al numero di cellule neuronali. Solo nel 2004 venne dimostrato un ruolo attivo della Glia nelle sinapsi con intervento diretto sulla velocità di apprendimento. Alcune cellule della glia agiscono principalmente da supporto ai neuroni, altre regolano l'ambiente interno del cervello, ed in particolare i fluidi che circondano i neuroni e le loro sinapsi, provvedendo quindi al nutrimento delle cellule nervose. Determinati componenti la glia producono molecole con influenza sulla crescita degli assoni e ancora più recentemente è stata dimostrata la possibilità degli astrociti di comunicare. Le cellule della microglia sono costituite da macrofagi con proprietà di fagocitosi utilizzata per proteggere i neuroni del sistema nervoso centrale da sostanze eterogenee. Diversamente dalle cellule gliali vere e proprie, derivano dai monociti e non dall’ectoderma, ma avendo la funzione di supporto ai neuroni, sono inserite in questa famiglia cellulare. Sono cellule relativamente piccole rispetto alla macroglia e hanno forma diversa con un nucleo oblungo: Sono dotate della capacità di spostarsi e in condizioni normali sono rappresentate scarsamente, ma possono moltiplicarsi facilmente in caso di danni cerebrali. Gli Astrociti rappresentano la componente cellulare più abbondante della nevroglia, e hanno la caratteristica di possedere numerose estroflessioni con cui ancorano i neuroni e con cui i neuroni si riforniscono di sangue. Esistono in una forma protoplasmatica presenti nella sostanza grigia, e in una forma fibrosa, presenti nella sostanza bianca. Hanno funzione regolatoria sull’ambiente chimico esterno ai neuroni, rimuovendo gli ioni, potassi principalmente, e riciclano i neurotrasmettitori rilasciati durante la trasmissione sinaptica. La teoria attuale, descrive gli astrociti come i mattoni costituenti la barriera emato-encefalica e avrebbero anche il compito vasoregolatorio producendo sostanze tipo l’acido arachidonico i cui metabolici hanno effetto vasoattivo. La comunicazione inerastrocitaria, è noto, avvenga tramite il calcio. La sinapsi elettrica tra queste cellule, permette alla molecola messaggero IP3, di viaggiare da un astrocita all’altro. L’IP3 attiva i canali calcio degli organuli cellulari rilasciando calcio nel citoplasma, fatto che può condizionare una maggiore produzione di IP3 e generare un effetto domino che non è altro che un’ondata di calcio che si propaga da cellula a cellula. Queste ondate di calcio possono essere regolate da rilascio extracellulare di ATP che attiva i recettori Purinergici (responsabili della neuroprotezione) degli altri astrociti. Gli Oligodendrociti sono suddivisi in due categorie di cui la prima evidenziabile nella sostanza grigia del sistema nervoso centrale, addossata ai pirenofori (oligodendrociti satelliti perineuronali), con funzioni coadiuvanti metaboliche, e la seconda classe invenibile nella sostanza bianca del sistema nervoso centrale (oligodendrociti interfascicolari), intercalata tra gli assoni. Gli oligodendrociti interfascicolari rivestono gli assoni del sistema nervoso centrale producendo la guaina mielinica che ha il compito di isolare l’assone e permettendo quindi una migliore propagazione dei segnali elettrici (conduzione saltatoria). Contrariamente alle cellule di Schwann, gli oligodendrociti possono rivestire più di un assone perché forniti di numerosi prolungamenti. Vi sono anche dei cosiddetti precursori degli oligodendrociti durante la fase di sviluppo del sistema nervoso, ma alcuni di questi precursori rimangono come tali anche nel cervello che ha completato lo sviluppo, con funzioni a sé stanti. Per queste cellule sono stati proposti termini come polidendrocita o sinantocita: rappresentano circa il 5-8% di tutte le cellule del sistema nervoso e costituiscono il gruppo più numeroso di cellule soggette a mitosi nel cervello dell'adulto. I neuroni creano sinapsi con queste cellule della glia costituendo quindi un'eccezione rispetto alle conoscenze tradizionali e la loro esatta funzione è sconosciuta. Le cellule ependimali o ependimociti, delimitano le cavità del sistema nervoso centrale e, muovendo le ciglia di cui sono fornite, permettono la circolazione del liquido cerebrospinale. Determinano delle delimitazioni fisiche tra le varie sezioni del cervello. Non sono dotate di membrana basale e hanno prolungamenti e connessioni che le mettono in comunicazione con gli astrociti. Una ipotesi gli attribuisce la funzione di cellule staminali del tessuto nervoso con coinvolgimento nella rigenerazione. Cellule radiali della glia: già durante lo sviluppo del sistema nervoso costituiscono l’impalcatura di sostegno che permette alle cellule corticali di migrare verso l’esterno. Nel cervello adulto, sia nel cervelletto che nella retina, persistono particolari cellule radiali gliali. Quelle del cervelletto, rappresentate dalla glia di Bergmann, regolano la plasticità sinaptica, nella retina, le cellule di Müller contribuiscono alla comunicazione bidirezionale con i neuroni.La cellula di Müller attraversa lo strato retinico partendo dalla parte più interna della retina e i suoi prolungamenti raggiungono i segmenti interni dei fotorecettori formando delle giunzioni strette con essi, tali che al microscopio appaiono come un'unica striscia denominata membrana limitante esterna ( o terzo strato della retina ). La Glia esprimente NG 2, è formata da cellule totipotenti che supporta gli astrociti nel processo della GLIOSI, che costituisce un processo fortemente coinvolto nello sviluppo e nella stabilizzazione degli stati di dolore persistente. Il 1 Dipartimento di Medicina Pubblica Clinica e Preventiva, e il 2 Dipartimento di Medicina Sperimentale - Seconda Università di Napoli nelle persone di C. Cavaliere, G. Cirillo, S. Sellitti, M. Bianco, A. De Simone, I. Marrabese, V. De Novellis, S. Maione, and M. Papa, hanno presentato questo lavoro: LA GLIOSI MODIFICA L’ESPRESSIONE E LA FUNZIONE DEI TRASPORTATORI GLIALI DEGLI AMINOACIDI A LIVELLO SPINALE NEL DOLORE NEUROPATICO: “L’attivazione astrocitaria a seguito di danno da costrizione cronica del nervo sciatico (CCI) determina nei topi una ipersensibilità comportamentale, una sindrome neuropatica, rappresentata da iperalgesia, allodinia, e dolore spontaneo. Noi qui riportiamo che nel corno dorsale del midollo spinale, la gliosi comporta evidenti modificazioni a carico dei trasportatori degli aminoacidi a sede gliale esaminati a 3, 7, e 14 giorni dopo l’intervento (pd) mediante Western blot, Immunocitochimica e RT PCR. Sono state analizzate le proteine a livello del segmento lombare del midollo spinale e i livelli di mRNA di CGRP, CD11b, Glial fibrillary acidic protein (GFAP), Glycine transporter 1 (GlyT1), Glutamate transporter 1 (GLT-1), and Calpain-I, una proteasi Ca-dipendente coinvolta nel riarrangiamento del citoscheletro e la degradazione dei trasportatori. L’espressione e i livelli di mRNA di CD11b aumentano sino al 3 pd tper ritornare a livelli basali al 7 pd. Al contrario l’ mRNA e la proteina GFAP spinale aumentano significativamente al 7 pd perdurando sino almeno al 14 pd. Contemporaneamente, l’espressione dei trasportatori gliali degli aminoacidi (GlyT1 and GLT-1) era drasticamente ridotta al 7 e 14 successivi all’intervento di CCI come misurato mediante tecniche di Immunocitochimica e Western blot. In parallelo, l’analisi HPLC del segmento lombare del midollo spinale ha rivelato l’aumento delle concentrazioni di glutammato e glicine al 7 e 14 pd, questo risultato è in accordo con la modificazione dell’espressione e dell’attività di captazione dei trasportatori di Glyt1 and GLT-1. Questo studio chiaramente dimostra che un danno a carico del nervo periferico induce una rapida attivazione della microglia spinale che precede l’attivazione macrogliale. La gliosi reattiva è rappresentata da una ritardata ma sostenuta espressione di GFAP che produce un massivo riarrangiamento citoscheletrico. Queste modificazioni si correlano con una marcata riduzione dei trasportatori gliali della glicina e del glutammato, cui segue un netto aumento delle concentrazioni di entrambi i neurotrasmettitori coinvolti nell’attivazione del recettore del tipo NMDA. È possibile che questa cascata di eventi influenzi il sistema glutamminergico determinando quelle modificazioni sinaptiche responsabili nell’indurre e nel sostenere un persistente stato di dolore” Oltre a questo la Glia esprimente NG 2, permette di differenziare in neuroni, oligodendrociti o astrociti, con lo stimolo opportuno. A livello di sistema nervoso periferico abbiamo le cellule si Schwann che hanno funzione simile a quella degli oligodendrociti e con formazione della guaina mielinica degli assoni del sistema nervoso periferico, ma, diversamente dagli oligodendrociti, ogni cellula di Schwann riveste un tratto di assone di 1 mm. e questo rivestimento culmina con la formazione della guaina mielinica e del neurilemma. L’azione protettiva è completata dalla capacità fagocitarla e di pulizia dei residui cellulari che permette la ricrescita dei neuroni del sistema nervoso periferico. La descrizione termina con le cellule satelliti che sono piccole cellule delimitanti la superficie esterna dei neuroni nei gangli del sistema nervoso periferico che aiuta a regolare l’ambiente chimico esterno. IL DOLORE CRONICO: Un danno profondo può dare segnali e ripercuotersi in superfice. La superficie viene intesa in modo segmentarlo come rachide, pelle e muscoli; il profondo è costituito dai visceri che sono controllati dai mielomeri, ovvero segmenti del midollo spinale che generano una coppia di nervi spinali che innervano una ben determinata zona. Ogni differente mielomero trasversale del torace di Lazorthes, ci mostra l’innervazione del cosiddetto segmento mobile di Junghanns e l’importantissimo ruolo che possono svolgere i rami posteriori e anteriori del nervo seno vertebrale di Luschka. Il ramo primario posteriore deriva dal nervo spinale subito fuori dal forame intervertebrale e il ramo mediale innerva la capsula dell'articolazione intertrasversaria, i muscoli dorsali e le porzioni adiacenti delle capsule delle articolazioni dei metameri sopra e sottostanti; il ramo laterale innerva la cute posteriore del tronco. Il nervo senovertebrale di Luschka, derivato dalla parte anteriore del nervo spinale, si dirige mediamente per entrare nel canale spinale, attraverso il forame intervertebrale; poi si sfiocca per anastomizzarsi con rami analoghi sia controlaterali che dei metameri superiori ed inferiori. Innerva i corpi vertebrali, le lamine, gli strati esterni dei dischi, il legamento longitudinale posteriore, la dura ed i relativi tessuti peridurali. Un danno viscerale può manifestarsi con un dolore riflesso che si proietta a livello cutaneo nel dermatomero corrispondente al mielomero riferito alle vie sensitive di quel viscere. Una contrattura parietale riflessa da danno viscerale, deriva quindi da una risposta dei neuroni motori del mielomero che corrisponde alle vie centripete simpatiche irritate. L’indicatore classico di questa assunto è il punto di Mc Burney sito all’incrocio del 1/3 inferiore e dei 2/3 superiori di una linea che unisce la SIAS all’ombelico e che è assolutamente indipendente da dove si trovi l’appendice infiammata. Pertanto la proiezione a livello superficiale a pelle e muscoli di un danno viscerale, è cosa nota, ma altrettanto non è mai stato valutato sull’evenienza opposta, ovvero della ripercussione viscerale di una dermalgia riflessa di Jarricot o/e di una contrattura muscolare. Un intervento effettuato a livello di una zona di proiezione cutanea può calmare il dolore di un organo profondo (Guy Lazorthes professeur émérite à l’ Université Paul Sabatier Toulouse et membre de l’Académie de médecine depuis 1960 et de l’Académie des sciences depuis 1975 et membre du conseil scientifique de l'Université interdisciplinaire de Paris). L’irritazione o la compressione degli elementi del foro di coniugazione intervertebrale mediante differenti perturbazioni del giunto intervertebrale è all’origine di molti disordini dolorosi di origine rachidiana. (Robert Maigne, medico francese, il quale abbandonando il concetto di lesione osteopatica propone il concetto di disturbo intervertebrale minore (DIM), causa sia di dolore locoregionale rachideo che di manifestazioni dolorose a distanza e che spesso sono in relazione con il riscontro della sindrome teno-cellulo-periosteo-mialgica (STCPM) che se corrisponde a determinati punti, può benissimo essere fatta rientrare nella sindrome fibromialgica. Diventa quindi fondamentale il ruolo del sistema simpatico ed in particolare del ganglio laterovertebrale ovvero i gangli ortosimpatici posti lateralmente alla colonna vertebrale che costituiscono la catena gangliare laterovertebrale detta catena limitante ortosimpatica. Altri gangli ortosimpatici sono posti tra i visceri (ganglio celiaco, mesenterico superiore e mesenterico inferiore), e questi 3 si chiamano "gangli Paravertebrali". E’ proprio questo sistema gangliare che permette la proiezione periferica di un influsso autonomo pur rimanendo sottoposto all’azione ipotalamica. Riferendoci a questo sistema, possiamo individuare 3 entità neurologiche: Il miotomo regolato dal motoneurone somatico, il viscerotomo, regolato dal motoneurone autonomo, e il dermatomero regolato dalla contrapposizione del protoneurone esterocettivo con il deutoneurone dell’unità periferica (Secondo neurone di una catena polineuronica). Tutte 3 queste strutture dipendono dallo stesso mielomero. Lo studio neurofisiologico necessario per dimostrare che il meccanismo di base che collega l'atteggiamento posturale, le restrizioni di mobilità articolari che ne derivano, la loro ripercussione sui meccanismi nervosi del sistema periferico e centrale, come pure la reazione di questi sistemi sul sistema immunitario ha richiesto dieci anni di ricerca. Nel 1987, un ricercatore americano, Marc E Gurney, identificava un neuropeptide sanguigno a cui attribuiva il nome di "neuroleukine" (Marc E. Gurney. Scienza, 1986; pp 234, 556.).Questo neuropeptide emesso dal sistema simpatico, in alcune circostanze, determinava la sopravvivenza di neuroni motori ancora non “maturati”, del midollo spinale, e di neuroni sensitivi dei gangli spinali e la differenziazione dei linfociti B in cellule che generavano la produzione di anticorpi (Marc E. Gurney: "neuroleukine, messaggero nervoso ed immunitario". La ricerca, 1987; 186: 386, 387, 388.). Nel 1995 Goodkin con i suoi lavori sulla psiconeuroimmunologia dimostra che i segnali neurogeni del sistema immunitario passano per due grandi vie, la efferente simpatica e l’asse neuroendocrino ipotalamo ipofisario, e che una paralisi centrale o periferica, altera la classica simmetria topografica della poliartrite reumatoide, proteggendo il membro deficitario dallo sviluppo di nuove lesioni articolari. (R. Ader e coll: "psychoneuroimmunology: interazioni betwen the nervous system and the persona immune system". Lancet, 1995; 345; 99-103. Abstract neuro et psy, 1995; 129: 15-16.) Da Dermatologic Clinics Volume 23 • Numero 4 • ottobre 2005 Copyright © 2005 WB Saunders Company : SINTESI :I dati clinici e sperimentali supportano l’ipotesi della capacità del cervello di influenzare gli eventi biologici della pelle. La pelle, come una parte rilevante del sistema nervoso centrale, può modificare la qualità delle percezioni e delle sensazioni, fatto suggerito da numerosi studi pertinenti questo argomento. Il sistema immunitario e il sistema endocrino possono agire come protagonisti della modulazione di questi eventi e, in questo contesto, i fattori di stress psico-sociale e altri fattori causanti stress anche fisici, possono portare ad alterazioni della salute globale di grande interesse per dermatologi. Questo anche se i cambiamenti relativi all’aver contratto malattie infettive o l’aver riportato ferite e traumi, sembra fornire prove molto più evidenti, ma che contengono lo stesso fattore comune stressogeno e che ha evidenziato l'importanza clinica di alterazioni immunologiche dimostrate da un aumento dei rischi per le varie patologie e di malattie legate alla citochine proinfiammatorie. Neuropatie periferiche e cutanee. Costituiscono un gruppo molto diffuso ed eterogeneo. Caratteristica comune è il dolore determinato da queste fibre il cui compito è essere responsabili della sensibilità cutanea al tatto, alla temperatura, alle vibrazioni, e a tutti gli stimoli. Queste fibre possono determinare dei processi infiammatori, molto facilmente in chiunque. Nonostante questa frequente possibilità, il nostro organismo ha dei meccanismi di compenso in grado di spegnere sul nascere queste potenziali infiammazioni tramite cellule predisposte che producono particolari sostanze chimiche. Vi sono soggetti con predisposizione a non avere queste risposte compensatorie, o ad averle con ritardi e in misura incompleta. Le fibre sensitive terminali, si sfioccano nella cute e non nei muscoli; a questo livello, in alcuni soggetti, possono accumularsi sostanze pro infiammatorie a cui si associa, per la loro eccessiva presenza, una minore efficacia delle sostanze antinfiammatorie e si genera un circolo vizioso con automantenimento della situazione critica indefinitivamente e con tendenza alla cronicizzazione. L’esito di una neuropatia superficiale, genera l’allodinia che non è altro che un dolore derivato da uno stimolo sotto soglia per generare dolore. Un esempio classico è la cicatrice dolorosa dopo un banale intervento chirurgico, o dopo un banale traumatismo. Riferendosi alla cicatrice, quando avviene il taglio, vengono inevitabilmente recise anche le terminazioni nervose cutanee che cicatrizzando, guariscono modificando anatomicamente la propria terminazione nervosa che non è più anatomicamente ricostituita e queste terminazioni anomale, possiedono la medesima caratteristica che si presenta nella sindrome dell’arto fantasma per cui, anche non esistendo più l’arto amputato, il paziente avverte il dolore e la presenza dell’arto. I monconi nervosi derivati dal taglio, restano intrappolati nella cicatrice, vengono circondati da una capsula mielinica che ricordiamo prodotta dalla GLIA, e originano quindi dei microneuromi. Il neuroma classico molto conosciuto, è il neuroma di Morton della regione metatarsale, che, come si ricorda, non è altro che l’esito di una flogosi cronica determinata da una alterazione della volta plantare anteriore traversa che, abbassandosi, genera conflitti di pesi e di scarichi sulle teste metatarsali che generano appunto l’infiammazione e la persistenza dell’infiammazione genera la produzione del neuroma che più che un neuroma è una iperplasia ipertrofia del nervo, ma che anatomo-patologicamente viene definito “Neuroma”. Quando si hanno alterazioni di questo tipo, a volte l’ipersensibilità si limita alla cicatrice, ma altre volte si espande ad un territorio molto più vasto, sia a livello cutaneo che anche ai piani muscolari sottostanti e questo genera una contrattura muscolare, o a volte è generata da una contrattura muscolare che strozza i rami nervosi terminali che trapassano il muscolo per giungere alla cute. Spesso le microneuropatie non arrivano a dar segno di sé, se non quando la cute non viene sollecitata e quindi non arrivano ad un livello soglia che generi dolore spontaneo che però può essere provocato. A livello del tessuto muscolare che corrisponde alla proiezione profonda della neuropatia cutanea, si è da tempo dimostrata la presenza di contrattura e flogosi, questo perché i muscoli possiedono dei propriocettori non posseduti dalla cute, che producono sintomi con dolori molto variabili da sensazioni di bruciore, prurito, trafittura o punture d’aghi. Difficilmente questa sintomatologia così generata, viene attribuita alla cute, e sia paziente che medico, si concentrano esclusivamente sul dolore muscolare, che, essendo la componente predominante, ha fatto attribuire la sindrome fibromialgica, o questo tipo di sintomatologia, alla Reumatologia. Qualora comparissero questi problemi al collo, alle spalle, al tronco, alle gambe, la ricerca eziopatogenetica si concentrerebbe su un trauma o si cercherebbe una artrosi, mentre difficilmente ci si indirizzerebbe verso una neuropatia. A livello addominale si ricercano coliti, cistiti, problemi ginecologici o urologici. In questi casi, quando si esegue l’esame clinico, sarebbe opportuno verificare l’esistenza di una allodinia andando semplicemente a sollecitare la cute proiettata sull’area dolente pinzandola tra due dita favorendo la formazione di una plica cutanea. In caso di dolore evidente suscitato con questa manovra, siamo confrontati con una allodinia, patologia in cui si ha flogosi delle fibre nervose che alterano la sensibilità della cute , fenomeno per cui uno stimolo viene avvertito come molto più intenso e anche in grado di generare dolore senza averne le potenzialità. In certe forme più importanti, i pazienti avvertono bruciore o dolore anche al minimo sfioramento sia di cute che di mucose. Spesso le allodinie si manifestano in più aree del corpo e quindi in queste aree si ha anche il corrispondente dolore muscolare che tipicamente può essere avvertito in superficie come parestesia, ma anche come puntura di spilli o bruciore, e sotto come dolore muscolare. Una delle forme classiche di Allodinia è costituita dalla coccigodinia, localizzazione molto frequente anche in pazienti etichettati come fibromialgici e in assenza di trauma coccigeo diretto o indiretto. Anche la tricodinia è spesso presente nei fibromialgici. Le altre localizzazioni classiche nel fibromialgico, sono la regione addominale e le cosce ove si può descrivere una addominodinia e la pannicolopatia edemato-fibrosclerotica (P.E.F.) con la cellulalgia classicamente evidente in particolare alla radice esterna delle cosce in regione trocanterica, e a livello della zampa d’oca. Anche la causalgia rientra in queste forme. In queste forme allodiniche classicamente definite, molti pazienti, in particolare donne, trattati non per colite o per cellulite, o per problemi genitali con i farmaci specifici, ma per la neuropatia, hanno mostrato notevole miglioramento, e alcuni addirittura hanno raggiunto la guarigione. Qualora venisse individuata un’area neuropatica all’addome, questa sarebbe imprescindibilmente associata ad una intensa flogosi con contrattura dei piani muscolari sottostanti e della muscolatura intestinale, indirettamente coinvolti nella flogosi ma non sede di flogosi, per cui a quei livelli profondi, la flogosi non darebbe manifestazioni dirette e quindi non sarebbe evidenziabile e quindi non ci sarebbe nemmeno alterazione degli indici di flogosi. Per quanto riguarda la cellulalgia, originerebbe da neuropatie cutanee tipicamente posizionate. Il meccanismo eziopatogenetico sarebbe costituito dal trattenimento di acqua da parte delle terminazioni nervose che provocano un rallentamento del circolo arterioso con diminuzione dell’ossigeno a disposizione delle cellule adipose che sofferenti ed in preda a “stress ossidativo” si riaggregano in noduli incollandosi l’una contro l’altra. La regione dei noduli diventa dolente per la presenza del dolore neuropatico che sarebbe all’origine della cellulite e che quindi sarebbe un effetto e non una causa. Altro sintomo riferito molto frequente nella paziente fibromialgica è quella sensazione dolorosa localizzata all’interno delle grandi labbra e, se esaminiamo un’altra forma di allodinia, la vestibolodinia, potremmo giustificare la presenza di questo sintomo. In questa neuropatia il dolore è caratterizzato da fitte, dolore spontaneo, dispareunia, o anche da dolore provocato dalla pressione e dai rapporti sessuali a tal punto da renderli a volte impossibili e caratterizzato da una fitta alla penetrazione con dolori urenti post coitali, persistenti da pochi minuti a intere giornate, e che comportano anche un forte spasmo muscolare. Spesso questi disturbi sono erroneamente confusi con cistiti. Unico dato clinico è una diminuzione della fisiologica lubrificazione, determinata da flogosi delle ghiandole vestibolari che sono coinvolte dal processo che le circonda. In questo caso l’infiammazione è a carico della mucosa vulvare, ma fa sempre parte delle neuropatie e non delle malattie ginecologiche, anche se può essere generata da malattie in partenza ginecologiche come ad esempio una infezione micotica. Curata la micosi, persiste la neuropatia. Da un articolo comparso sul Journal of the American Medical Womens Association, è risultato che una donna su sette di quelle intervistate, ricordava un episodio fortemente doloroso che durava oltre 3 mesi e che poco meno di due terzi di pazienti, avendo consultato più medici, non aveva avuto una diagnosi. Per diagnosticare questa forma dal momento che è alterata la sensibilità della mucosa, si può anche arrivare ad eseguire una vulvoscopia che può svelare lesioni infettive, flogistiche, degenerative cutanee, lesioni preneoplastiche e neoplastiche; un esame molto più semplice è il test del tampone o Q tip test o Swab test che consiste in una lieve pressione con un cotton fioc all’interno del vestibolo vulvare. Il test è positivo se la lieve manovra genera una fitta dolorosa. Trattandosi di una flogosi, potremo trovarne i segni al pap test, come potremo anche trovare presenza di secrezioni di tipo infiammatorio con o senza infezione che vi si può sovrapporre. Spesso nelle pazienti in cui viene diagnosticata una vulvodinia, allargando l’esami clinico si riscontrano altre zone dolenti, le classiche zone corrispondenti ai tender points. Nella vulvodinia sono stati utilizzati diversi farmaci come Antidepressivi triciclici(Amitriptiplina, Nortriptilina, Desipramina) che agiscono sulle terminazioni nervose vulvari inibendo il re-uptake dei neurotrasmettitori (norepinefrina e serotonina), Antiepilettici (Gabapentin, Carbamazepina), Infiltrazioni con cortisonici (Triamcinolone) , anestetici (Bupivicaina) o Interferon, Anestetici locali in crema o gel. Cortisonici topici. Estrogeni. Antivirali ed Antimicotici., Capsacina (la lidocaina mitiga la sintomatologia nelle vestibuliti ma non nelle vulvodinie essenziali. Può essere di ausilio nel facilitare i rapporti sessuali con altri accorgimenti), Farmaci vari di origine naturale ed omeopatica sono utilizzati spesso con successo, Elettromiografia e Biofeedback sulla muscolatura del pavimento pelvico in caso di ipercontrattura. Elettrostimolazione tibiale, TERAPIA PSICOLOGICA DI SUPPORTO, CONSIGLI IGIENICI E DIETETICI, Dieta povera di ossalati ed integrazione di Calcio citrato ed acidificanti urinari, Vestibulectomia sec. Woodruff (asportazione della cute\ mucosa del vestibolo vulvare da effettuare solo dopo insuccesso di tutte le terapie mediche), laser vestibulectomia (si usa il Flashlamp-excited Dye laser. Il laser CO2 è nettamente controindicato). Ritroviamo quindi molta analogia tra le terapie qui proposte e quelle per il fibromialgico. I dermatologi che si dedicano allo studio e terapia della fibromialgia, sostengono che la fibromialgia sottenda una neuropatia periferica sia cutanea che muscolare e che la cute sia l’organo maggiormente colpito. A tal proposito vengono sottolineate le alterazioni cutanee che possono rinvenirsi generalmente nelle neuropatie e nelle sindromi fibromialgiche di loro osservazione, per cui hanno proposto l’utilità di una biopsia cutanea per fare diagnosi. Allo stato attuale delle cose, molti pazienti considerati sani, se venissero sottoposti a visita per verificare la presenza o meno di fibromialgia, potrebbero rientrarvi, possedendo i requisiti previsti dall’OMS, in misura più o meno larvata e più o meno sopportabile. Quando siamo in presenza di una forma grave di sindrome fibromialgica, il paziente lamenta dolore non solo a livello dei 18 tender points che sono caratteristici, ma si ricorda non patognomonici, ma il dolore è evocabile a livello cutaneo, praticamente ovunque e sotto la cute, la muscolatura appare estremamente contratta oltre che dolente. Questa contrattura determina quindi affaticamento e anche rigidità mattutina. Si è sempre detto che non vi sono alterazioni né radiologiche né biochimiche, ma le ultime ricerche condotte con mezzi altamente sofisticati, hanno evidenziato una minore concentrazione plasmatica di serotonina, un aumento dei siti di ricaptazione piastrinica della serotonina, ridotti livelli plasmatici del triptofano e di altri aminoacidi ed un aumento di oltre 4 volte i valori normali della sostanza P, (il neurotrasmettitore responsabile del dolore, P da Pain: dolore) nel liquido cefalo-rachidiano, e ultimamente un aumento dei radicali liberi e dello stress ossidativo che sta diventando di moda non solo in questa patologia, ma in molte altre sindromi, specialmente quelle dismetaboliche. I radicali liberi sono la causa della maggior parte delle patologie e dell’invecchiamento degli esseri viventi, sono composti da ossigeno che si lega ad altri elementi, e quindi l’ossigeno che è indispensabile per mantenere la vita, diventa paradossalmente anche la più importante fonte di produzione di radicali liberi. Col respiro il 95% dell’ossigeno che introduciamo, viene utilizzato dalla cellule per produrre energia; la parte restante origina i radicali liberi. Tutto ciò è fisiologico e l’organismo è dotato di un proprio sistema antiossidante che comprende componenti enzimatici e non-enzimatici. Tra gli enzimi si ricorda la superossidodismutasi, la catalasi e il glutatione ridotto. Tra i non enzimi ricordiamo la Vitamina E, la Vitamina C, i carotenoidi, i polifenoli, le antocianine, ecc. Se la quantità di radicali liberi supera quella che l’organismo è in grado di smaltire, le cellule vengono da loro danneggiate in modo più o meno grave e si configura la condizione di STRESS OSSIDATIVO, e questo stato è misurabile. L’effetto dello stress ossidativo è quello dell’ossigeno che fa arrugginire il metallo, sino a distruggerlo. I danni generati dallo stress ossidativo si evidenziano a distanza e vanno dal semplice invecchiamento a diversi tipi di lesione che con l’avanzare degli studi si mostrano sempre più importanti e alla base di molte malattie. L’effetto più palese è quello della pelle col suo invecchiamento. Il danno cellulare inizia a livello della membrana con un’alterazione degli scambi tra interno ed esterno della cellula; internamente si danneggia la catena produttiva dell’ATP, riserva energetica e da li si può arrivare all’alterazione del DNA con effetti mutageni e quindi cancerogenesi, passando da una alterata sintesi delle proteine. Un eccesso di radicali liberi è quindi sempre dannoso e deve essere combattuto cercando di trovare i giusti equilibri. Un altro dato alterato e riscontrato da Moldofsky e coll. Nel 1975 era riferito ad alterazioni EEG nei pazienti in cui si associavano disturbi del sonno, e costituito dalla improvvisa comparsa di onde rapide alfa durante la fase 4 di sonno non-REM frammiste alle normali onde lente delta, tipiche di quella fase del sonno, detto Alpha intrusion. Considerando quindi che nella fibromialgia siamo confrontati con una forma di neuropatia superficiale con una flogosi delle terminazioni nervose periferiche cutanee, possiamo considerare che questa flogosi persistente invia al cervello sintomi dolorosi senza motivo e perciò segnali inutili. Pertanto diventa intuitivo, dopo tutto questo discorso, che neuropatie o sindromi fibromialgiche determinano dei quadri clinici molto eterogenei per cui ogni paziente è diverso dall’altro, ma non solo; anche la causa iniziale può essere molto diversa anche se l’esito finale determina particolari quadri clinici che possono essere fatti rientrare nei criteri convenzionali stabiliti dall’OMS. Esistono inoltre diversi livelli con forme diverse, molte forme di entità medio lieve che regrediscono spontaneamente, altre che rispondono molto bene a terapia banali, forme in cui la sintomatologia è alternante, ma anche forme difficilmente gestibili terapeuticamente e in cui si sovrappongono o si associano molte altre condizioni patologiche che non vengono né identificate né trattate perché considerate facenti parte della fibromialgia e da questa nascoste. A tutt’oggi, esclusa una recente novità che si dirà alla fine del discorso, e che è parzialmente già stata introdotta parlando della GLIA e dei riscontri dell’Università di Napoli ma non solo, non abbiamo un elemento diagnostico preciso, ma una ampia variabilità di sintomi singolarmente poco significativi, ma che globalmente possono costituire il substrato per definire un paziente fibromialgico secondo l’ American College of Rheumatology (A.C.R.) che ha elaborato dei precisi criteri diagnostici, con il riscontro di specifici “punti dolorosi”, i tender points, che si ribadisce, sono caratteristici ma non patognomonici. In molti pazienti catalogati come fibromialgici è presente una alterata risposta alle sostanze chimiche (sindrome di intolleranza a sostanze chimiche). In base a questo, si considera tra i sintomi associati alla fibromialgia, anche la rosacea e l’orticaria da additivi chimici alimentari. Altro dato importante è l’associazione tra fibromialgia e malattie autoimmuni e tra queste, frequentissimo è il riscontro di tiroidite autoimmune di Ashimoto con la presenza di alti titoli anticorpali, o la presenza di anticorpi diretti contro altri virus ed in particolare L’Ebstein Barr e l’Herpes Zoster che vengono considerati i responsabili della sindrome astenia post infettiva. Altre associazioni frequenti si hanno nel Diabete di tipo 2 (in cui si è riscontrato un aumento dello stress ossidativo), il Lupus Eritematoso Sistemico, l’Artrite Reumatoide, la Sindrome Sicca di Sjoegren. Il Prof Dan Buskila, reumatologo della Ben Gurion University (Israele) ha in più occasioni segnalato che la fibromialgia è nei pazienti affetti da LES una associazione quasi costante. Un paziente su tre, affetto da fibromialgia, presenta positività degli ANA, ma questo potrebbe derivare da una malattia di fondo non ancora nota. Sempre per i dermatologi, numerosi studi svolti in quell’ambito hanno mostrato che molte affezioni dermatologiche caratterizzate da una neuropatia, sarebbero riconducibili alla sindrome fibromialgica. Tra queste iil dermografismo sintomatico, molte forme di orticaria da radiazioni fisiche, l’orticaria cronica,l a già citata sindrome Sicca, la sclerodermia, il lupus e altre connettiviti. L’ eritema polimorfo, l’eritema nodoso, vasculo-capillariti, la sindrome di Raynaud, e moltissime altre. Non a caso, molti interventi chirurgico specialmente per entesiti o sindromi costrittive, trovano come controindicazione lnella fibromialgia, specie da parte dei chirurghi della mano, avendo molti insuccessi in questo tipo di pazienti. Per quanto riguarda il 9% dei pazienti non responder affetti da malattie dermatologiche che non risentono delle comuni terapie, i dati recenti concludono che siano i pazienti neuropatici. Per fare diagnosi, uno dei criteri stabiliti è il tempo di insorgenza che deve superare i tre mesi. Oltre ai due criteri principali, 11 su 18 tender points e appunto dolore diffuso sopra e sotto alla cintola con coinvolgimento della colonna da oltre 3 mesi, che devono essere presenti entrambi, analizziamo gli altri sintomi che vengono suddivisi in: CARATTERISTICI: (presenti in oltre il 75% dei pazienti) - disturbi del sonno, astenia e malessere indefinito, rigidità mattutina al collo e alle spalle perdurante un quarto d’ora, algie al rachide cervicale e lombo-sacrale. FREQUENTI (tra il 50% e il 75% dei pazienti) - Parestesie alle mani ed ai piedi, a volte ai gomiti, alterazioni della sensibilità, cefalea (a sede frontale o nucale), colon irritabile, ansia e/o depressione , poliuria, minzione urente, acrocianosi e sindrome di Raynaud, disestesie con freddo alle mani, ai piedi, al naso e alle natiche, dermografismo, dismenorrea, scarsità di salivazione, di lacrimazione e di lubrificazione vaginale, difficoltà respiratoria (respiro superficiale ed addominale, con senso di oppressione al petto e impossibilità ad eseguire un respiro profondo. INFREQUENTI (meno del 50% dei pazienti) -cistiti ricorrenti compresa la cistite interstiziale, con esame culturale spesso negativo, febbricola serotina, tachicardia, dolori intercostali a fitte che possono anche essere presenti al tronco, all’addome e al torace, pesantezza al basso ventre, senso di soffocamento e di costrizione alla gola e allo sterno, vertigini, coccigodinia, tenesmo con bruciori rettali, bruciore orale, senso di gambe gonfie e pesanti, vestibolite, orticaria, eritema polimorfo. Il rumore, il freddo, l’inadeguatezza del sonno, l’ansia, lo stress, l’affaticamento e molte altre condizioni, sono in grado di peggiorare tutti i sintomi. Chi si occupa di dolore cronico non infiammatorio, in particolare gli anestesisti, ma non solo loro, prestano molta attenzione alle vie del dolore che sono state descritte all’inizio. Recentemente è comparso un articolo che associato a quanto precedentemente riportato, indica che un dolore periferico sussistente da oltre 3 mesi, può indurre a livello delle cellule della GLIA, delle modifiche istochimiche, che ne alterano anche la funzionalità e le caratteristiche. Queste modifiche originatesi in periferia e non necessariamente di origine materiale, ma anche solamente degli stimoli nervosi come si è visto accade in forme psicogene che modificano anche le risposte immunologiche, determinano questa alterazione della Glia, paragonabile a quello che avviene ad esempio nella sindrome di Morton che è caratterizzata da due fasi e da due forme a pochissimi note. Nella sindrome di Morton abbiamo dapprima una problema meccanico determinato dalla caduta della volta plantare anteriore trasversale, dolorosissima, che col persistere determina una successiva iperplasia ipertrofia del ramo nervoso intermetatarsale che dopo asportazione chirurgica viene definito neuroma. Il neuroma, anche se è possibile ritrovarlo primitivamente, è secondario ad altra causa e se togliamo il neuroma ma lasciamo l’altra causa, non risolviamo appieno il problema. Pertanto nella sindrome di Morton definite di primo e secondo tipo, abbiamo dolore di duplice origine. Chiaramente il dolore neuropatica è il più fastidioso, ma anche quello determinato dal cedimento della volta plantare lo è ed è correggibile con un banale plantare riempitivo di scarico delle teste metatarsali. Pertanto il dolore cronico centralizzato, per diffondersi segue non più le vie nervose classiche, ma si diffonde tramite il tessuto gliale che come reazione genera l’immobilizzazione come riflesso ancestrale, non sapendo l’organismo come reagire ad una situazione non prevista né prevedibile, il dolore cronico inutile. Questa reazione di blocco funzionale comporta l’indurimento della pelle, denera la neuropatia secondaria e la formazione dei tender points con la sintomatologia muscolare sottostante di conseguenza. Riepilogando potremmo considerare molte delle sindromi fibromialgiche che rispondono appieno ai criteri stabiliti dalla ACR come sindromi del dolore cronico centralizzato per la persistenza di una noxa patogena oltre 3 mesi periferica e successiva riperiferizzazione del dolore che segue la via gliale. In questo caso per tentare di risolvere il problema dobbiamo analizzare l’intero quadro a 4 livelli diversi, individuare l’eventuale inizio, la centralizzazione eventuale del problema, se vi sia o no, l’eventuale irradiazione periferica dopo la centralizzazione e per ultimo le eventuali cause scatenanti e problemi correlati. Quando la sintomatologia si è centralizzata e poi reirradiata alla periferia, è possibile che si formi la neuropatia cutanea che come già detto si riflette sui muscoli sottostanti che si induriscono e lavorano male, ma anche la neuropatia/allodinia può essere in questo caso secondaria e non primitiva. Oltretutto non è escluso che sia solo una causa che ha dato origine alla sindrome, ma potrebbero essere più concause ed è possibile che si debba superare un livello soglia non solo temporale per ingenerare la risposta gliale, ma anche di intensità. Conclusioni: Secondo il mio modesto modo di vedere, in base a tutti i riferimenti menzionati, il paziente che risponde ai criteri per essere catalogato come fibromialgico, deve essere analizzato cronologicamente ed occorre verificare profondamente l’anamnesi cercando di capire l’esatto susseguirsi degli avvenimenti, compresa una adeguata anamnesi farmacologica. Successivamente quando il quadro è stato chiarito e dopo approfondita visita medica che deve comprendere una valutatione neurologica, posturale, psicologica, gastroenterologica, dermatologica e generale, è opportuno proporre una terapia che consideri tutti e 4 i livelli citati, ovvero una terapia generale e per la centralizzazione della patologia destinata alla glia e alle sue diramazioni periferiche compresa la guaina mielinica, una terapia periferica per la causa primaria e/o concomitante, e una terapia per la componente neuropatica allodinica e dei tender points, più una terapia con integratori e multivitaminica. Va tenuto altresì conto del fatto che, alcuni pazienti hanno sviluppato la fibromialgia successivamente non a una depressione, ma all’assunzione di farmaci utilizzati per la depressione che hanno come effetti collaterali i sintomi caratteristici della fibromialgia. Anamnesticamente una quota parte di pazienti intervistati utilizzando anche Internet e gruppi di utenti riservati alla fibromialgia, hanno dichiarato che la cronologia dei fatti comportava una precedente assunzione di questo tipo di farmaci e la comparsa della sintomatologia in epoca successiva e anche una non efficacia delle terapie prescritte appartenenti alla stessa famiglia di farmaci. Un’altra quota parte di pazienti, nel mio caso specifico 8 pazienti inquadrati come fibromialgici, hanno avuto giovamento prima, trattando le discopatie presenti sia a livello cervicale che a livello lombare. Ho anche incontrato due pazienti sottoposti ad intervento chirurgico da parte del Professor Bauer che hanno avuto una modifica positiva della sintomatologia dopo interventi effettuati esclusivamente ai gomiti. Neho incontrato anche altri che non sono per nulla migliorati. La terapia proposta dal Dr. Bauer completa prevede 4 interventi di cui due agli arti superiori e due agli arti inferiori. Nel caso dei due pazienti migliorati, dopo l’esame clinico l’ipotesi più probabile, era la possibile coesistenza di una sindrome del solco ulnare o di una epicondilite bilaterale o di una sindrome spalla mano. Altri 3 pazienti tra tutti quelli che hanno mostrato concomitanza di tiroidite di Ashimoto con alto tasso anticorpale, analizzati con la prima strumentazione elettronica mondiale denominata geopotenziometro (brevetto mondiale della edilnatura di Novara), riconosciuta dal ministero dell’industria, hanno mostrato una contaminazione da radiazioni ionizzanti gamma di discreta entità. Si è quindi proceduto anche alla verifica ambientale con riscontro di nodi di Hartmann, corrispondenti a zone dell’abitazione dove i pazienti stazionano per lungo tempo. Si è provveduto a schermare tali zone con convertitori d’onda riconosciuti dal ministero della salute come Dispositivi Medici dell’ Edil Natura ditta Certificata da Organismo Europeo (UE 0068). Il percorso proposto per questo tipo di paziente, convenzionalmente ingestibile, ma anche di altri definiti affetti da malattie rare, viene riassunto in un progetto di ricerca definito “gestione del paziente difficile in regime di medicina integrata” e si avvale, oltre delle terapie definite convenzionali, anche di quelle definite non convenzionali, ed in particolare l'ozono terapia, l'osteopatia, la biorisonanza, la terapia con gli integratori e vitamine che combattono lo stress ossidativo, gli oligoelementi e la dieta. La definizione di fibromialgia è, e resta ancora al momento attuale una definizione convenzionale e il problema, al di la del riconoscimento della patologia per la quale mi pregio aver redatto il decreto legislativo presentato nel febbraio 2010 è ancora irrisolto. Penso che valga la pena di fare un attimo di riflessione e di rivedere tutto quanto è a disposizione per sbrogliare la matassa, consultando i risultati a cui sono arrivati anche gli altri specialisti non reumatologi ritrovando fibromialgici di competenza neurologica, ginecologica, dermatologica, gastroenterologica, internistica, psichiatrica e infettivologica. Riferimenti: 1. Campi elettromagnetici. La verifica e la protezione in ogni ambiente. Nicola Limardo, Priuli & Verlucca (2005) 2. Salute dell’habitat. Criterio delle applicazioni nella medicina dell’habitati. Nicola Limardo ed. Anima (2007). 3. David A. Nye MD: A Physicians Guide to Fibromyalgia Syndrome, 1997. 4. Risultati a lungo termine dell’amitriptilina per il trattamento della cistite interstiziale. van Ophoven A, Hertle L. 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Risposto il: 06 Maggio 2010