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Da Tor Vergata un modello "su misura" per lo studio della diffusione dell'epatite C in Italia

Sono noti solo il 45% dei malati presenti nel Paese e il 50% di essi vive al Sud.

È noto ormai alla comunità scientifica che l'Italia presenta una Prevalenza di epatite C molto più significativa rispetto al resto dei Paesi occidentali e, se in questi ultimi anni l'infezione da HCV è più alta nei giovani e negli adulti, al contrario in Italia le percentuali più elevate si registrano tra gli anziani. Al fine di avere dei "numeri" attendibili da cui partire per affrontare in maniera definitiva la malattia, un team multidisciplinare dell'ateneo romano di Tor Vergata ha elaborato un modello su "misura" per l'Italia.

Gli studiosi hanno lavorato ad un modello di stima del carico endemico dell'HCV in Italia e poi lo hanno corredato di un modello probabilistico per simulare gli effetti (tempo di eradicazione, costi, esiti) scegliendo scenari alternativi di intervento pubblico. Nel modello si è dato peso anche alla diversa e particolare eziologia dell'HCV in Italia dove le infezioni sono soprattutto il prodotto della carenza o della impossibilità di controlli e prevenzione negli anni '50 e '60.

I ricercatori hanno implementato un modello che, a partire da una ripartizione per anno di nascita in coorti omogenee della popolazione, facesse emergere nel tempo una evoluzione della patologia in termini quantitativi e qualitativi. Per ogni singola coorte è stata stimata la prevalenza con un modello ad hoc a partire da una revisione sistematica degli studi di popolazione effettuati in Italia, anche per area geografica. Da qui l'evidenza di uno "sbilanciamento" della Patologia verso le età avanzate e le regioni meridionali.

Si è arrivati alla conclusione che:

  • oggi nel nostro Paese ci sono quasi un milione di casi di HCV RNA positivi di cui appena il 45% (circa 435.000) noti al sistema sanitario;

  • trattare i pazienti più gravi significare trattare oltre il 64% di over 75 e per oltre il 33% over 80;

  • trattare tutti, come vorrebbe fare la Toscana, è certamente più efficiente, ma non porta all'eradicazione della patologia, dato che i casi noti sono circa il 44% dei casi prevalenti;

  • l'eradicazione della patologia potrebbe essere un obiettivo a 5 anni ma solo con uno screening di massa svolto in 5 anni così da far emergere almeno il 70% dei pazienti "ignorati";

  • senza screening e con il presupposto che tutti gli emersi vengano trattati, l'eradicazione richiederebbe almeno 30 anni;

  • dunque si arriva alla conclusione che la strategia che mira al trattamento dei soli casi più gravi non è in grado di garantire l'eradicazione della patologia.

È davvero grave poi che solo nel meridione, secondo le stime romane, si concentri oltre il 50% della casistica con una prevalenza del 30% superiore a quella del centro-nord.

Ultimo aggiornamento: 20 Luglio 2015
3 minuti di lettura

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