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#ViverelaFabry: la campagna per favorire la diagnosi

#ViverelaFabry: la campagna per favorire la diagnosi

#ViverelaFabry è la campagna informativa che si pone come punto di riferimento nazionale per conoscere e far conoscere questa malattia rara.
In questo articolo:

Colpisce almeno 500 pazienti in Italia, ma di questa patologia si sa pochissimo. È la malattia di Anderson Fabry, genetica e rara, al centro del progetto #ViverelaFabry ideato da Osservatorio Malattie Rare e a cui è dedicato il sito viverelafabry.it.

La campagna Vivere la Fabry

"Trattandosi di una malattia rara, all’inizio ti demoralizzi", spiega Pasquale, uno dei protagonisti del video realizzato proprio con l’obiettivo di promuovere la conoscenza della malattia e dare un contributo a una diagnosi precoce.

Gli altri sono Angela, Rita e Roberta: persone che hanno provato dolori inspiegabili per anni, disturbi renali e cardiaci, senza un perché.  La spiegazione è arrivata solo quando qualcuno è riuscito a dar loro la diagnosi di malattia di Anderson-Fabry, la stessa che aveva reso la vita difficile ai loro genitori e che domani potrebbe toccare in sorte anche ai loro figli.

Colpisce 500 persone in Italia: cos’è la malattia di Fabry

Angela, Pasquale, Rita e Roberta sono un simbolo: nelle loro storie si trovano racchiuse quelle di oltre 500 persone di ogni età che in Italia hanno già avuto la loro stessa diagnosi, e probabilmente anche di quelli che non sono ancora riusciti a dare un nome ai loro disturbi e girano da uno specialista all’altro.

Di cosa si tratta? La malattia di Fabry è una patologia da accumulo lisosomiale dovuta alla carenza di uno specifico enzima, che si chiama alfa-galattosidasi. Questo enzima è necessario al corretto smaltimento di alcune sostanze nocive per i tessuti e gli organi del nostro corpo. Se l’enzima è carente queste sostanze (chiamate glicosfingolipidi) si accumulano causando progressivamente danni a livello renale, cardiaco e del sistema nervoso centrale.

È difficile da diagnosticare perché si presenta spesso con una sintomatologia non specifica, che può comprendere dolori molto forti a mani e piedi (acroparesterie dolorose), febbre, stanchezza e intolleranza agli sforzi, al caldo e al freddo eccessivi, talvolta anche disturbi dell’udito e della vista.

La trasmissione della malattia è ereditaria e legata al cromosoma X. Le madri, ad ogni concepimento, hanno una probabilità del 50% di trasmettere il gene difettoso ai propri figli, siano essi di sesso maschile o femminile. I padri con la malattia di Anderson-Fabry invece non trasmettono il gene difettoso ai propri figli maschi, ma solamente alle figlie femmine.

In funzione di un complesso meccanismo genetico noto come inattivazione del cromosoma X, i soggetti eterozigoti sviluppano la malattia in forma lieve, moderata oppure classica. In genere sono i maschi a sviluppare i sintomi in maniera più forte ma in ogni caso, anche all’interno della stessa famiglia, la malattia può presentarsi con sintomatologie ed evoluzione clinica anche molto differente. La malattia di Fabry è una patologia panetnica, con una prevalenza riportata di 1-5 casi ogni 100.000 abitanti, anche se probabilmente si tratta di un dato sottostimato.

Malattia di Fabry: l’importanza di una diagnosi precoce

"Può accadere che il dolore dei bambini con malattia di Fabry, non ancora diagnosticata, non venga associato al disturbo" spiega la dottoressa Ilaria Romani, neurologa dell’ambulatorio Stroke Unit Fabry dell’ospedale Careggi di Firenze. "Dipende dal fatto che non abbiamo uno strumento che ci permetta di qualificare e quantificare questo dolore. Se anche il pediatra sospettasse un dolore neuropatico e prescrivesse una classica elettromiografia, l’esame risulterebbe normale. Si può venire a creare una situazione abbastanza conflittuale, in cui una famiglia riferisce un problema reale e spesso non trova un sistema preparato ad avviare un percorso diagnostico in grado di dare un nome a questo problema".

ll dolore del paziente Fabry è reale, così come lo è il rischio di ictus, il rischio di insufficienza renale, il rischio di infarto miocardico, anche in giovane età. Per questi motivi, "una diagnosi precoce ha un doppio valore – aggiunge il professor Antonio Pisani, ricercatore della cattedra di Nefrologia dell’Università Federico II di Napoli – da un lato permette di iniziare precocemente una terapia che, se iniziata invece in una fase avanzata, ha un efficacia minore. D'altro canto una diagnosi precoce permette la diagnosi di un'intera famiglia".

È qui che si inserisce la campagna di Osservatorio Malattie Rare. "Attraverso la voce dei pazienti intervistati – dice la presidente del Consiglio Direttivo di Aiaf Onlus (Associazione Italiana Anderson-Fabry) Stefania Tobaldini – si possono cogliere diverse sfumature del vissuto quotidiano ma anche la capacità di non arrendersi e di reagire alla malattia, anche riprogrammando la propria vita. Quest’ultimo messaggio, in modo particolare, può essere di grande aiuto ad altri pazienti".

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Ultimo aggiornamento: 03 Luglio 2018
5 minuti di lettura

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