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Mi è stata asportata la colecisti il 20 agosto

Mi è stata asportata la colecisti il 20 agosto del 1996 con un intervento di colecistictomia classico (non in laparoscopia); prima dell'intervento, a causa del forte ittero, fui sottoposto a una indagine endoscopica, definita ERCP, attraverso a quale ho subito una papillosfinterotomia dell’ampolla di Vater, perché nella stessa erano incuneati una miriade di microcalcoli che impedivano l'afflusso della bile nello stomaco. Dopo l'intervento ho subito un'altra ERCP per controllare che tutto fosse in ordine e, infine, prima di lasciare il policlinico mi fu fatto un ulteriore controllo, la colangiografia, (mi era stato lasciato nel dotto biliare il cosiddetto tubo a "T"). Il tutto nell'arco di un mese e mezzo circa: sono uscito dall’ospedale il 20 settembre. Le mie sofferenze sono state grandi e addirittura sono stato in pericolo di vita e quando sono stato dimesso dall'ospedale, con Terapia con acidi biliari, ho pensato di essere rinato; ma ora, a distanza di circa 8-10 anni, solo all’inizio dei quali ho seguito la terapia con il Tauro, mi si presentano episodi, anche severi, di coliche, che iniziano con una piccola tensione, una sorta di irrigidimento (io lo chiamo “incordamento”) della parte destra del ventre, sotto le costole, giusto in corrispondenza del taglio subito per l’intervento del ’96, per poi aumentare e diventare vere e proprie coliche (delle quali speravo di essermi liberato!!); la classica borsa d’acqua calda è un sollievo e quindi spontaneamente il Dolore regredisce. Ma due episodi mi hanno ricondotto in ospedale, uno ad aprile del 2004 e l’altro adesso a luglio del 2005; in entrambi i casi dolore fortissimo e febbre alta (40°). Esami di rito: bilirubina alta, transaminasi alterate, etc.; diagnosi: colangite in paziente colecistectomizzato. L’ipotesi sulla causa di questi problemi, vista la remissione di tutti i sintomi nell’arco di cinque-dieci giorni dopo terapia antibiotica a base di Ciproxin e Unasyn e visto che anche l’ecografia di controllo ha dato risultati totalmente negativi, è che batteri anaerobi gram+ e/o gram-, approfittando della “porta aperta” lasciata dalla papillosfinterotomia del ’96 passino dallo stomaco nelle vie biliari, facilmente infettandole e dando luogo ai dolori così simili alle coliche pre-intervento. E’ questa la giusta ipotesi? E, se così fosse, qual è la giusta strategia che posso porre in essere per prevenire questi dolori? Aspettare i prodromi delle coliche e tenere sempre in casa gli antibiotici per partire immediatamente con la terapia per evitare il successivo aggravamento? E quanto possono essere importanti gli Acidi biliari in questa patologia? E, se lo sono, perché il SSN si ostina a non renderli gratuiti, visto anche il loro non trascurabile costo? Segnalo, infine, che nel frattempo ho sviluppato una forma di diabete ereditario (mia madre è diabetica), che attualmente controllo con una compressa di Metforal 500 mg dopo pranzo e una dopo cena e che da qualche anno mi è stata diagnosticata anche l’ipertensione, anch’essa controllata con una compressa di Sinertec al mattino. Sono alto 1,75 m. e peso 87 kg. Vi ringrazio dell’attenzione che vorrete riservare a queste mie domande e Vi auguro buon lavoro.
Risposta del medico
Dr. Fegato.com
Dr. Fegato.com
Da quanto riferisce effettivamente l’ipotesi fatta dai medici che la tengono in cura è la più probabile e verosimilmente è necessario ripetere cicli di antibioticoterapia ogni volta se ne presenti la necessità. La terapia con acidi biliari ha una importanza relativa o nulla, non essendovi calcoli da dover dissolvere. Le consigliamo di sottoporsi periodicamente, ogni 3-6 mesi, ad esami specialistici, inclusa l’ecografia addominale, e visita medica per il controllo della sua condizione clinica.
Risposto il: 08 Luglio 2005