La felicità come “ingrediente” per migliorare qualità del lavoro e produttività
Molte aziende americane cercano esperti che siano in grado di aumentare il grado di felicità dei dipendenti.
La felicità come ingrediente principale per una buona produttività aziendale: a sostenerlo e a metterlo in pratica sono soprattutto gli americani.
Sono molte oggi le aziende statunitensi alla ricerca del “chief happiness officer” o “Cho”, ovvero di una persona che garantisca la felicità dei dipendenti e quindi capace di portare gioia e soddisfazione tra i lavoratori. Un manager delle risorse umane capace di misurare il livello di gratificazione e di soddisfazione dei lavoratori e individuare politiche in grado di migliorarlo.
Il suo obiettivo dunque è creare le condizioni ideali per la felicità di tutti i dipendenti aziendali. Come? Migliorando la qualità delle relazioni, stimolando e coltivando i talenti, tirando fuori il meglio dalle persone e rendendo l’ambiente di lavoro un luogo gradevole.
Con questo mix efficace la produttività aumenta e le capacità – individuali e collettive – di affrontare nuove sfide si potenziano.
Tra i più accesi sostenitori di questa nuova visione del lavoro aziendale, c’è Alexander Kjerulf, consulente aziendale e cofondatore di “WooHoo inc – Happiness at work”, che intervistato dal Guardian si dice pronto a ribaltare gli stereotipo aziendali. Sicuramente per il momento ha convinto colossi come Ikea, Google, Lego e Zappos (l'e-commerce di abbigliamento e calzature acquisito da Amazon) che stanno provando a mettere in atto le sue idee.
Del resto, spesso le cause “dell'infelicità” in azienda sono facili da rintracciare: non ci si sente responsabilizzati, non si svolgono mansioni adatte alle proprie competenze e non si hanno buoni rapporti con i propri superiori e colleghi.
Lavorare su questi aspetti può consentire di raggiungere risultati positivi sotto molti punti di vista: migliori performance del lavoratore, aumento della produttività, maggiore coinvolgimento nelle attività quotidiane e aumento della coesione tra i dipendenti. Del resto anche recenti studi hanno dimostrato che la felicità è amica della creatività e stimola le persone a coltivare il proprio talento e metterlo al servizio dei colleghi.
Sono molte oggi le aziende statunitensi alla ricerca del “chief happiness officer” o “Cho”, ovvero di una persona che garantisca la felicità dei dipendenti e quindi capace di portare gioia e soddisfazione tra i lavoratori. Un manager delle risorse umane capace di misurare il livello di gratificazione e di soddisfazione dei lavoratori e individuare politiche in grado di migliorarlo.
Migliorare il benessere dei dipendenti si può
Il suo obiettivo dunque è creare le condizioni ideali per la felicità di tutti i dipendenti aziendali. Come? Migliorando la qualità delle relazioni, stimolando e coltivando i talenti, tirando fuori il meglio dalle persone e rendendo l’ambiente di lavoro un luogo gradevole. Con questo mix efficace la produttività aumenta e le capacità – individuali e collettive – di affrontare nuove sfide si potenziano.
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Le cause dell'infilicità in azienda
Del resto, spesso le cause “dell'infelicità” in azienda sono facili da rintracciare: non ci si sente responsabilizzati, non si svolgono mansioni adatte alle proprie competenze e non si hanno buoni rapporti con i propri superiori e colleghi. Lavorare su questi aspetti può consentire di raggiungere risultati positivi sotto molti punti di vista: migliori performance del lavoratore, aumento della produttività, maggiore coinvolgimento nelle attività quotidiane e aumento della coesione tra i dipendenti. Del resto anche recenti studi hanno dimostrato che la felicità è amica della creatività e stimola le persone a coltivare il proprio talento e metterlo al servizio dei colleghi.