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Mantenere la concentrazione non è così semplice

Mantenere la concentrazione non è così semplice

Restare concentrati nonostante la presenza di elementi di distrazione? Difficile. Ecco come il cervello filtra gli elementi di disturbo.

Notifiche delle email, telefono che squilla, ma anche le voci dei colleghi nella stanza accanto o i clacson dalla strada: la giornata lavorativa è ricca di stimoli e fattori di distrazione, che sopravvengono mentre cerchiamo di restare concentrati nello svolgimento di un’attività, come scrivere o leggere.

Nella maggior parte dei casi non ci rendiamo conto della presenza di questi stimoli distrattivi, ma a volte invece possono essere molto fastidiosi. E più cerchiamo di restare concentrati e meno ci riusciamo. A indagare sul fenomeno sono stati recentemente i ricercatori dell’Università di Milano-Bicocca, con la collaborazione dell'Università di Verona e dell'Istituto Italiano di Neuroscienze di Verona, che hanno pubblicato le loro conclusioni sul Journal of Experimental Psychology.

Gli studiosi hanno arruolato 126 studenti di 26 anni che si sono sottoposti a una serie di test per verificare la velocità di reazione ad uno stimolo tattile, mentre erano impegnati in un’attività che richiedeva concentrazione. In tutti i test i giovani erano stati avvertiti della possibilità che, durante lo svolgimento del loro compito, avrebbero potuto essere stimolati con fattori esterni, di natura tattile, uditiva o visiva. I ricercatori hanno misurato la velocità con la quale i partecipanti riuscivano a dare le risposte in relazione al presentarsi dello stimolo distrattivo.

L’esperimento ha dimostrato non solo che mantenere la concentrazione per più di venti minuti risulta estremamente difficile, ma soprattutto che il tentativo di mantenersi concentrati, cercando di ignorare le distrazioni o addirittura di scacciare il pensiero delle possibili distrazioni in arrivo, si rivela controproducente ai fini del mantenimento stesso della concentrazione.

Insomma, inutile cercare di focalizzarsi sull’attività che si sta svolgendo allontanando il pensiero di ciò che può distrarci. Secondo quanto osservato dagli studiosi meneghini, infatti, questa doppia attività di concentrazione comporta un peggioramento del 10% delle performance legate alla capacità di concentrazione.

Si tratta di una scoperta interessante che rivela come nel cervello si attivi un meccanismo di filtraggio dei distrattori, che seleziona ciò che è importante da ciò che non lo è, che comporta, però, un peggioramento della capacità di concentrazione.

Quali le possibili applicazioni cliniche di questa scoperta? La ricerca futura utilizzerà queste evidenze per studiare nuove possibilità di trattamento per i disturbi neuropsicologici provocati da lesioni cerebrali (a seguito di Ictus o traumi, ad esempio), ma anche per migliorare le performance professionali di chi svolge lavori che richiedono grande capacità di concentrazione.

Ultimo aggiornamento: 06 Giugno 2015
3 minuti di lettura
Commento del medico
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In passato si riteneva che l’attenzione fosse una funzione unica ma gli studi neuropsicologici nel corso degli anni hanno dimostrato che si tratta di una funzione multicomponenziale.

Le componenti intensive sono l’allerta, che corrisponde all'attivazione di base di un individuo e l’attenzione sostenuta o vigilanza che può essere definita come la capacità di mantenere un livello adeguato di responsività su un compito per periodi prolungati. Le componenti selettive sono invece rappresentate dall’attenzione selettiva che ci permette di concentrare le nostre risorse su un unico obiettivo ignorando gli altri stimoli non rilevanti, e l’attenzione divisa che consente di gestire contemporaneamente due compiti elaborando parallelamente più informazioni.

Tali componenti vengono gestite da un Sistema Attenzionale Supervisore che le utilizza strategicamente in relazione agli obiettivi da raggiungere. Il dato cruciale su cui si basa il lavoro in oggetto è rappresentato dalla rilevazione che non solo le distrazioni provenienti dall’esterno ma anche quelle potenziali e non in atto interferiscono significativamente sui processi attenzionali: il pensiero di dover ricevere una telefonata interferisce sulla nostra attenzione quanto la telefonata stessa.

In base ai dati ottenuti, gli autori hanno dimostrato la presenza nel cervello umano di un meccanismo per il monitoraggio ed il filtraggio di distrazioni potenziali, costoso in termini di efficacia attenzionale come quello per gli stimoli realmente presenti nell’ambiente.

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