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La SLA di Ezio Bosso (e di tutti gli altri)

La SLA di Ezio Bosso (e di tutti gli altri)

Dal palco del Festival di Sanremo il pianista e direttore d'orchestra Ezio Bosso ha acceso anche i riflettori sulla sclerosi laterale amiotrofica.
In questo articolo:

Mercoledì scorso, al Festival di Sanremo, il pianista e direttore d'orchestra Ezio Bosso ha commosso tutti, lanciando a milioni di telespettatori un messaggio di notevole importanza: nonostante la malattia, si deve trovare in sé la forza di volontà per guardare alla vita con ottimismo, non mettendo da parte i propri talenti.

A Ezio Bosso, infatti, nel 2011, è stata diagnosticata la SLA, la Sclerosi laterale amiotrofica, una patologia neurodegenerativa che colpisce i motoneuroni, ovvero quei neuroni che si trovano all'interno del sistema nervoso centrale e che hanno lo scopo di trasportare i segnali per controllare i muscoli e i loro movimenti.

Bosso stesso, sul palco dell'Ariston, ha raccontato che "da allora sono diventato una persona più lenta, uno dei motivi per cui avevo paura di andare al Festival. Non sono abituato ai tempi stretti. Ogni giorno ho la costante necessità di riconoscere il mio corpo, capire come assecondarlo".
Una situazione che, però, non lo ha allontanato dalla musica, continuando così a suscitare emozioni: "Sono stati modificati i tasti del mio amato pianoforte - ha spiegato il musicista  - Sono più leggeri, nelle dita ho meno forza. Ma la cosa non mi dispiace: tanto li accarezzo".

I sintomi

La sua partecipazione alla kermesse di Sanremo, seguita da un italiano su due in televisione, ha riacceso, quindi, i riflettori sulla SLA, malattia di cui nel 90% - 95% dei casi non si conosce ancora la causa, mentre per le restanti percentuali è provocata da una mutazione genetica ereditaria. Per quanto concerne i sintomi iniziali, come spiegato nel sito dell'AssiSLA Onlus, questi riguardano soprattutto la debolezza, il dimagrimento e la rigidità dei muscoli, continui crampi e la voce che assume progressivamente un tono nasale, con la difficoltà di pronunciare la lettera "R".
Come dimostra egregiamente il caso di Bosso, poi, c'è da sottolineare che la SLA non danneggia le funzioni cognitive, la personalità, l'intelligenza o la memoria, né influisce sulla capacità di vedere, odorare, sentire o percepire sensazioni tattili; in più, la funzione dei muscoli oculari è quella che si conserva più a lungo.

La diagnosi

Il riconoscimento della malattia, non esistendo un unico test che abbia la capacità di fornire una Diagnosi definitiva di SLA, avviene tramite l'analisi dei segni e dei sintomi e l'attuazione di verifiche che servono per escludere altre patologie, tra di queste l'elettromiografia, ovvero una tecnica di registrazione che rivela l'attività elettrica provocata o spontanea dei muscoli. In relazione a ciò, quindi, è fondamentale l'osservazione attenta da parte del medico. Anche se, di recente, i ricercatori della Mount Sinai School of Medicine hanno identificato tre proteine che si trovano nel liquor cefalorachidiano (CSF) a concentrazioni significativamente inferiori nei pazienti affetti da SLA rispetto a quelle che si trovano nelle persone sane. Di conseguenza, la misura dei livelli nel CSF di queste tre proteine si è rivelata un indice accurato al 95% per la diagnosi della patologia.
L'importanza della scoperta è evidente: con le procedure di oggi, infatti, il tempo medio che trascorre dall'insorgenza dei sintomi alla diagnosi è di 12 mesi circa, mentre con simili marcatori diagnostici biologici si potrebbero ridurre sensibilmente i tempi di riconoscimento della SLA, a tutto beneficio dell'applicazione delle prime terapie.

Incidenza

La SLA è da considerarsi una malattia rara: ha un'incidenza di minimo 2 massimo 3 casi ogni 100 mila individui all'anno, colpisce di più gli uomini che le donne ed è infrequente che si presenti dopo gli 80 anni. Questa patologia, inoltre, è stata anche protagonista in Italia di un'inchiesta, condotta dal procuratore di Torino Raffaele Guariniello e svolta dal 2004 al 2008, che accertò 51 casi di SLA su 30 mila calciatori presi in esame, di cui 39 sono deceduti, ipotizzando così un legame tra la malattia e questa categoria di atleti. A riguardo, uno dei simboli è stato il giocatore Stefano Borgonovo, scomparso nel maggio 2013, che nel 2008 diede vita alla Fondazione Stefano Borgonovo Onlus, che sostiene la ricerca per vincere la SLA. 

Leggi anche:
Calcio e Sclerosi Laterale Amiotrofica: un legame sospetto
Tra il 2004 ed il 2008, solo in Italia, sono stati decine i casi di SLA tra i giocatori di Calcio, con un’incidenza venti volte superiore rispetto a quella media della popolazione italiana.

L'importanza della ricerca e delle associazioni

La ricerca, infatti, è fondamentale, a causa dell'inesistenza di una cura nota per combattere la malattia e in Italia esistono varie associazioni che si occupano di divulgare informazioni relative alla SLA e di stimolare le Istituzioni e gli Organismi del Sistema socio-sanitario nazionale, regionale e locale, a una presa in carico adeguata e qualificata dei pazienti, come nei casi di AISLA o di IBIS.

Per approfondire guarda anche "Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA)"

Ultimo aggiornamento: 22 Giugno 2017
5 minuti di lettura

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