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I rischi dei social per la salute mentale di bambini e adolescenti

I rischi dei social per la salute mentale di bambini e adolescenti

Sui social già a 10 anni. Se da un lato rappresentano un'opportunità, dall'altro ci si chiede quali sono gli effetti negativi per i più giovani.
In questo articolo:

Opportunità o pericolo? Il dibattito è arduo, complesso, ricco di contraddizioni.

Ad oggi l’utilizzo degli smartphone è sempre più precoce, correlato all’accesso ai social media con conseguenze che sembrano diventare a volte incontrollabili.

Se da un lato gli strumenti digitali risultano essere un’opportunità, dall’altro bisogna porre attenzione alle problematiche dovute al loro utilizzo e agli effetti negativi a breve e lungo termine che si manifestano nell’infanzia e nell’adolescenza.

Quando si inizia ad entrare nel mondo virtuale?

Numerose ricerche registrano dati particolarmente preoccupanti. Tra i 10 e gli 11 anni la maggior parte dei giovani adolescenti possiede uno smartphone e l’esordio sui social avviene proprio nella fascia under 10, nonostante teoricamente sia prevista un’età minima di accesso.

Ne consegue un enorme rischio in quanto la percezione del pericolo e degli aspetti negativi e reali delle proprie azioni potrebbe essere sottostimata proprio a causa della mancanza di esperienza data dalla giovanissima età e dalle limitate competenze digitali.

Aumenta il senso di insicurezza e fragilità, si manifestano complessi fenomeni legati a uno stato di alienazione che allontana tutti dalla realtà concreta per vivere in un contesto virtuale, insidioso, complicato.

Qual è il legame tra giovani adolescenti e mondo digital?

Come può essere osservato da un punto di vista psicologico questo fenomeno? Ad oggi i dati registrano numerosi episodi legati all’utilizzo disfunzionale dei social che creano una certa apprensione; inoltre la situazione creata dall'epidemia di Covid-19 rappresenta certamente un aggravante in quanto il tempo trascorso sul web è aumentato, cambiando dunque le modalità di interazione.

L’utilizzo eccessivo o inadeguato di queste tecnologie può portare allo sviluppo di una vera e propria dipendenza da social, oltre ad esporre gli utenti a pericoli non facilmente identificabili.

I meccanismi che causano la dipendenza da social network da un punto di vista neurobiologico sono dovuti alla produzione di dopamina, il neurotrasmettitore del piacere stimolato dal meccanismo dei like, delle foto, delle interazioni. Più si prova piacere, più il desiderio aumenta.

Il principio alla base dell’utilizzo dei social risiede proprio nella possibilità di mostrarsi e ricevere consensi, approvazione, dunque accrescere i livelli di autostima, non attraverso un processo di crescita e maturazione personale, ma avvalendosi del giudizio esterno: esprimersi utilizzando i canali virtuali, farsi notare, ma al contempo esporsi al rischio di diventare bersaglio di nemici invisibili, nonché cadere in trappole senza via di uscita.

Da un punto di vista psicologico si è semplicemente attratti dalla voglia di mostrarsi e interagire per poter ricevere feedback capaci di influenzare positivamente o negativamente il proprio umore e difficilmente si riconoscono i limiti di tutto questo.

Inoltre quando ci si accorge di essere caduti in un tale labirinto digitale, non sempre si hanno gli strumenti e le risorse per poterne uscire.

Quali sono i social più utilizzati dai giovani?

Ad oggi il social più usato dai ragazzi sembra essere Instagram, ma TikTok esploso tra fine 2019 e inizio 2020 ha generato un fenomeno incontrollabile, legato ad un meccanismo di sfide o più precisamente di challenge social, diventando sotto alcuni punti di vista, in brevissimo tempo, una pericolosa trappola più che un’opportunità di scambio.

Cosa sono le challenges?

Il termine challenge mutuato dall'inglese assume molteplici significati in italiano. In generale significa sfidare qualcuno, in ambito digitale.

Social challenge o sfide social rappresentano un fenomeno attraverso il quale si cerca di dimostrare a se stessi e agli altri di saper fare qualcosa, di essere coraggiosi in determinate situazioni, a volte anche pericolose.

Le dinamiche psicologiche alla base di queste sfide comportano la presenza di un pubblico molto vasto e coloro i quali vi partecipano sono alla ricerca di visibilità e accettazione attraverso il meccanismo dei like e dei commenti.

Ogni sfida diventa quindi un contenuto video registrato e condiviso in rete che viaggia così nel mondo digitale. Tali contenuti diventano virali, raggiungendo popolarità in brevissimo tempo e il rischio di emulazione è molto elevato: imitare e impressionare il proprio gruppo dei pari sancisce o rinforza il senso di appartenenza a un gruppo, oltre ad accrescere superficialmente il proprio livello di autostima.

Bisogna necessariamente fare una distinzione e riconoscere lo scopo delle sfide online in quanto variano enormemente. 

Esistono infatti challenges con scopi benefici, che inducono la trasmissione e la condivisione di un messaggio positivo e challenges letteralmente pericolose.

Le challenges definite estreme rappresentano sfide per compiere delle vere e proprie azioni di coraggio. Recentemente si è sentito molto parlare di BlackOut Challenge e Hanging Challenge, presunte sfide in cui si prevede che il partecipante stringa una cintura intorno al collo e resista il più possibile, una certa similitudine con il fenomeno Blue Whale capace di indurre una suggestione tale da portare i giovani partecipanti a compiere atti di autolesionismo, azioni molto pericolose fino ad arrivare in casi estremi anche al suicidio.

Attraverso questi fenomeni i ragazzi si confrontano riguardo le varie tappe, si incoraggiano reciprocamente, si incitano a progredire nel mettere in atto azioni pericolose e tendono a mantenere segrete queste pratiche in particolar modo riuscendo a nasconderle agli adulti.

Non ci sono ancora evidenze riguardo la diffusione di tali fenomeni, ma di challenges estreme si parla da molto e seppur non è ancora chiara la correlazione tra i casi di suicidio e la partecipazione ad esse, alcuni dati registrano episodi gravissimi che destano enorme preoccupazione.

Un elemento imprescindibile riguarda la fragilità di un periodo di crescita molto turbolento durante il quale la profonda sofferenza interiore può portare i ragazzi a compiere anche atti di autolesionismo.

Il problema è comprendere e accogliere la complessità di un naturale processo di crescita che coincide però con l’esplosione del digital, un’interazione non sempre sana.

Promuovere un uso consapevole dei social

Per la natura stessa della tecnologia, in continua evoluzione, i rischi in cui possono incorrere bambini e adolescenti nell’uso quotidiano dei social media sono potenzialmente sempre diversi. A questo si aggiungono, poi, una serie di fattori e condizioni che possono interessare in maniera specifica ogni singolo giovane: una particolare fase evolutiva che sta attraversando, condizioni e situazioni sociali, il ruolo esercitato dai genitori o dagli educatori.

Affinché il digitale possa rappresentare per i più giovani una valida risorsa e uno strumento di apprendimento e di socializzazione, è fondamentale promuovere un uso consapevole delle nuove tecnologie; un processo che deve coinvolgere necessariamente anche i genitori e che permetterebbe loro di diventare un punto di riferimento e di essere in grado di riconoscere eventuali segnali di pericolo o aiuto.

In casi come questo, il consiglio è sempre quello di confrontarsi con uno specialista dell’età evolutiva, così da analizzare in modo critico la situazione e capire come meglio agire.

 
Ultimo aggiornamento: 01 Marzo 2024
7 minuti di lettura

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