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Il malato respiratorio dimesso dall'ospedale

Il malato respiratorio dimesso dall'ospedale

Gestire un malato affetto da patologie cardiorespiratorie croniche anche a domicilio non è impresa impossibile, ma richiede impegno e professionalità.
In questo articolo:

I reparti internistici degli ospedali (medicine, cardiologie, pneumologie, geriatrie) sono nella stragrande maggioranza occupati da malati anziani, spesso molto anziani, che presentano problematiche a carico dell'apparato cardiocircolatorio e respiratorio sia come Patologia principale sia come situazione di fragilità di fondo. L'aumento dell'aspettativa di vita ha favorito questo fenomeno.

L’assistenza dei malati in ospedale

Lo straordinario miglioramento delle terapie e dell'assistenza ha permesso di controllare molte patologie che solo fino a pochi anni fa avrebbero portato a morte il paziente. In questo modo si assiste alla loro cronicizzazione con l'ovvia conseguenza che l'assistenza di questi malati è diventata un problema sociosanitario centrale.

Gli ospedali per acuti non hanno il compito di mantenere ricoverati i pazienti a vita o comunque per lunghi periodi. Recentemente in alcune regioni sono stati allestiti alcuni reparti, denominati “per subacuti” che hanno il compito di stabilizzare le condizioni del paziente, ma anch'essi non vanno interpretati come cronicari: prima o poi il malato viene dimesso. Da questo momento il problema cade completamente sulle spalle dei familiari, sempre che esistano e siano disponibili o in condizioni accettabili.

Il nostro sistema sanitario, nonostante le critiche, è ben congegnato: se la famiglia, in qualche modo non è assolutamente in grado di occuparsi del paziente, si tentano strade di assistenza sociale, ma nella maggioranza dei casi, la famiglia se ne fa carico. A questo punto le strade sono due: casa o ricovero in RSA.

Per approfondire guarda anche: “Il percorso assistenziale del malato pneumologico“

La dimissione ospedaliera: il malato a casa

Il primo caso (argomento di questo articolo) è quello generalmente preferito dal malato ma non sempre è possibile. Le dinamiche familiari, indipendentemente dal grado di legame affettivo, ne vengono pesantemente condizionate. In molti casi la famiglia si avvale dell'aiuto di persone esterne (le “badanti”), soluzione costosa ma pratica, anche se raramente ideale, sia per la scarsa fiducia che il malato spesso ripone in queste sia per il fatto che raramente si tratta di persone qualificate.

Il problema è molto complesso e richiede sicuramente, se si vuole ottenere una buona qualità dell'assistenza e del controllo CLINICO del paziente, competenza e molta organizzazione. Ogni malattia cronica richiede metodo per essere curata: l'improvvisazione è deleteria e può portare, soprattutto nei malati anziani, fragili e portatori di insufficienze d'organo multiple più o meno accentuate, a risultati disastrosi.

Abbiamo a disposizione farmaci efficaci e potenti in campo respiratorio, ma proprio per questo non facili da maneggiare: soprattutto in quanto la risposta ad essi è estremamente variabile e dipende molto da fattori anche imprevedibili e poco misurabili, come la sudorazione e la qualità del sonno. Inoltre, a causa delle modifiche epocali sul ruolo, la funzione e la prassi del medico curante, la classica visita di controllo occasionale può non bastare per una gestione puntuale della patologia, o meglio delle patologie.

È necessario essere a conoscenza non solo degli effetti terapeutici di ogni singolo farmaco (in campo respiratorio persino l'acqua!) ma anche delle controindicazioni, dell'interazione fra di essi e anche dei limiti della Terapia impostata o addirittura di eventuali errori d'impostazione.

Il malato respiratorio è per sua natura molto variabile nella sua storia clinica e in particolare dopo una dimissione ospedaliera: il ricovero è infatti presumibilmente segnale di instabilità della situazione clinica. La malattia comunque evolve, si modifica e le terapie prescritte e la loro posologia va spesso profondamente modulata se non modificata. L'esempio più eclatante è quello dei diuretici che possono provocare gravi problemi se non monitorati con precisione: a volte può bastare un innalzamento della temperatura ambientale e un aumento della sudorazione per aumentarne l'effetto. A ciò si aggiunge il fatto che l'ambiente domestico, positivo per gli aspetti psicologici, non può esserlo sul piano strettamente sanitario: dal letto non adatto alla camera agli ambienti non sempre igienicamente corretti, ai rischi di caduta, al contatto con persone non sempre rispettose o comunque conscie delle necessità del congiunto malato ai servizi igienici magari in comune. Tutti questi elementi rendono la vita quotidiana difficile e a rischio di complicanze.

Inutile sottolineare la differenza abissale che esiste sul livello di controllo possibile in regime di ricovero e a domicilio: dalle semplici attività di gestione infermieristica quotidiana ai procedimenti diagnostici e terapeutici. Una semplice iniezione intramuscolare può diventare un problema insuperabile a casa. Per non parlare di esami ematochimici, di gestione dei parametri fisiologici fondamentali (alvo, diuresi, ecc.), della terapia endovenosa o della cura di eventuali piaghe da decubito o della dieta. Tutto diventa difficilissimo e fonte di ansie e attriti.

La percezione della situazione e di conseguenza la risposta ad essa è molto variabile: si va dalla sottovalutazione più totale alla creazione di un ambiente saturo di tensione continua con continue richieste di intervento professionale mal riposte: medico, 118, ecc. È come la famiglia si sentisse persa. Ma può non essere così.

Quali soluzioni?

Una risposta corretta da tutti i punti di vista può essere quella di un programma di assistenza basata su alcuni concetti basilari ma molto semplici che, se ben condotti e supervisionati da un medico esperto, possono garantire un buon controllo del problema quasi simile a quello praticabile in regime di ricovero. L'importante è avere metodo, costanza e regolarità: concetti che, del resto, sono alla base dell'organizzazione anche di un buon reparto d'ospedale.

Se ben istruiti e motivati, parenti, badanti, persone di buona volontà sono assolutamente in grado di tenere un registro con i parametri fondamentali: in questo modo il medico o comunque il responsabile della gestione globale ha la possibilità di avere un quadro fedele dell'andamento della situazione clinica. Quasi come in una sorta di cartella clinica domestica.

È inoltre possibile programmare qualche accertamento la cui esecuzione anche a casa non richiede sforzi particolari: esami del sangue (i servizi domiciliari sono spesso disponibili), un ECG, persino un'ECOCG, una saturimetria, una spirometria semplice. Tutti esami che permettono un controllo molto accurato. Inutile sottolineare il ruolo fondamentale del medico che, con esame obiettivo accurato e anamnesi, può ancora oggi fare miracoli.

In definitiva, gestire un malato complesso affetto da patologie cardiorespiratorie croniche anche a domicilio non è impresa impossibile, ma richiede impegno e professionalità da parte di tutti coloro che, a diverso titolo, sono impegnati nella cura.

Sono consapevole che tutto questo può risultare difficile da gestire soprattutto sul piano psicologico (paura di sbagliare) da parte di chi non è abituato a un contatto così stretto con la malattia di un congiunto.

Proprio per questo ho da tempo implementato un protocollo medico-assistenziale per la gestione domiciliare di questi malati che si avvale anche della partecipazione di figure non mediche come fisioterapisti e infermieri professionali. La soddisfazione di vedere finalmente un po' di serenità nel contesto familiare già tanto provato dalla sofferenza del proprio parente è sicuramente pari agli onorari.

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Ultimo aggiornamento: 23 Febbraio 2017
7 minuti di lettura

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