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Diagnosi: hcc multifocale in paziente con cirrosi

DIAGNOSI: HCC multifocale in paziente con cirrosi epatica HCV correlata con normalità dei test di funzione epatica. Cardiopatia ischemica al momento silente e affrontata in passato con PCTA + stenting su coronaria destra ed IVA. Diabete mellito tipo 2 in buon controllo metabolico. Nel Gennaio 2004 il paziente ha subito resezione del manubrio sternale e delle porzioni mediali delle due clavicole per un plasmocitoma localizzato. Quale Terapia esiste attualmente, oltre alla alcolizzazione ed alla chemioembolizzazione, per HCC multifocale? E' vero che il Pascale di Napoli è in via di sperimentazione un protocollo nuovo per tale tipo di malattia?
Risposta del medico
Dr. Fegato.com
Dr. Fegato.com
I pazienti con tumore inoperabile e di dimensioni inferiori a 5 cm sono indicati per trattamenti ablativi con iniezione interstiziale di alcol o radiofrequenza. Questi trattamenti sono efficaci poiché causano necrosi del tumore senza danneggiare significativamente il fegato cirrotico peritumorale. Una terapia alternativa e a volte complementare a queste due procedure prima descritte è rappresentata dalla chemioembolizzazione arteriosa transcatetere (TACE) del tumore. Esso sfrutta il duplice rifornimento di sangue del fegato, visto che il tumore è rifornito solo dall’arteria epatica. La TACE determina necrosi ischemica del tumore e rende possibile l’iniezione di agenti antitumorali direttamente nel tumore, favorendo elevata concentrazione locale di farmaci antineoplastici e riducendo gli effetti collaterali sistemici. La TACE sembra una valida opzione terapeutica nei pazienti cirrotici con tumore multifocale inoperabile e buon compenso epatico. La chemioterapia sistemica nei pazienti con tumore inoperabile non ha dato percentuali di risposta soddisfacenti (20%). Né successi terapeutici si sono avuti con il trattamento con l’anti-estrogeno tamoxifene che non migliora la sopravvivenza né la qualità della vita dei pazienti. I farmaci progestinici potrebbero rappresentare una opzione terapeutica alternativa al tamoxifene in pazienti con tumore che esprime recettori estrogenici epatici mutati. La radioterapia palliativa può ridurre il dolore causato dal tumore e l’irradiazione dell’intero fegato con 25 Gy per cinque o sei settimane, è considerato il trattamento minimo necessario per controllare il tumore. La terapia radiante con protoni è più attiva e meglio tollerata della radioterapia convenzionale del fegato, ma richiede un’attrezzatura costosa. In futuro, la terapia genica può offrire nuove speranze in pazienti con tumore non trattabile. Le cellule tumorali possono infatti essere transfettate con virus capaci di trasferire geni che facilitano il suicidio dell’epatocita o rendere le cellule più responsive a farmaci antivirali. Infine, per quanto riguarda il nuovo protocollo terapeutico in studio presso l’Ospedale Pascale, esso è costituito dalla terza fase di sperimentazione su persone di un farmaco (arginina, adi-peg20), possibile alternativa alla strada chirurgica o parachirurgica. L'arginina è una proteina sperimentata per la prima volta dai ricercatori del Pascale su 19 esseri umani affetti da tumore al fegato con età variabile dai 50 ai 70 anni. Il nuovo farmaco è composto da un enzima degradante, l'aminoacido arginina; non risulta tossico per le cellule sane dell'uomo e risultano scarsi gli effetti collaterali. Tuttavia i risultati sono ancora del tutto iniziali ed è prematuro esprimersi.
Risposto il: 18 Gennaio 2005