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Esperto Risponde

Non limitarsi ad ovattare il sintomo principale ma capirne il senso

Gentili dottori,Sono una ragazza di 20 anni. Da maggio di quest'anno, a seguito di un lutto e di un incidente stradale, ho iniziato a soffrire di attacchi di panico, mentre l'ansia, che già persisteva in me, si è somatizzata in sintomi fisici quali vertigini false (sensazioni non vere), ronzii alle orecchie, disturbi della visione (foschia, tic di battere le palpebre), pesantezza muscolare, sensazione di testa vuota, parestesie a mani, piedi e bocca, fotofobia e fastidio dei rumori, tremore interno ed esterno.È come se fossi sempre in allerta, anche di notte.Da settembre mi sembrava, fatto un periodo di psicoterapia e Alprazolam da 0.25, di stare leggermente meglio, ma dopo un improvviso evento occorsomi ai primi di ottobre, ho ripreso a stare male e anche peggio: non riesco a scordare l'evento, e ho pianto 4 giorni di fila. Adesso, oltre alla somatizzazione di cui sopra ho attacchi di panico quasi ogni giorno, più volte al giorno, e una spiccata agorafobia che mi ha tappato in casa. Quando mi alzo temo sempre di svenire, anche se non sono mai svenuta neanche con la mia pressione bassa cronica (minima 50).Naturalmente prendo ancora Alprazolam 0.25 3 volte a/g e gocce sempre Alprazolam 0.75 al bisogno, 5 gocce.Che cosa posso fare? Ma da questo terribile male si guarisce?Io voglio tornare ad essere la persona che ero prima, non l'ombra di me stessa. Uno psicologo mi ha detto che per guarire devo dedicarmi alla mia passione, la musica, ma come posso farlo se non riesco ad andare fuori di casa??Grazie.
Risposta del medico
Dr. Mauro Savardi
Dr. Mauro Savardi
Specialista in Psicologia clinica e Psicologia e Psicoterapia

Buonasera mi spiace per ciò che le è accaduto; generalmente situazioni traumatiche, come ad esempio quelle da lei riferite, hanno il medesimo effetto che una calamita può avere sulla lancetta della bussola e quando la direzione non è più certa, la paura prende il sopravvento. Quando tuttavia assume connotazioni così intense, sembra perdere alla fine la propria funzione adattiva, cioè quella di preservarci dai pericoli. Credo che lei potrebbe trarre beneficio da uno spazio terapeutico centrato da una parte sul sintomo, in questo senso orientato in termini cognitivo – comportamentali, ma nello stesso tempo o in parallelo centrato sul senso del sintomo e sulla rielaborazione dei traumi vissuti.

Risposto il: 06 Ottobre 2014