Il trapianto cardiaco è certamente l’ultima arma a nostra disposizione quando la terapia farmacologica (e qualche volta quella chirurgica nel caso la cardiomiopatia dilatativa non sia primitiva, ma secondaria ad altre cardiopatie di tipo valvolare, di tipo ischemico, ecc ancora correggibili con interventi cardiochirurgici) non sia più in grado di controllare accettabilmente la situazione clinica. Il trapianto cardiaco infatti comporta comunque dei rischi operatori, ancora oggi non trascurabili, ed implica, dopo l’intervento la prosecuzione a vita di terapie mediche impegnative per evitare il rigetto e di possibili complicanze legate comunque a tale situazione. Il trapianto quindi non può essere visto ancora oggi come una panacea in grado di risolvere a basso prezzo (cioè senza alcun problema nell’immediatezza dell’intervento e negli anni successivi) la situazione clinica del paziente.