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Follow-up del paziente iperteso

Nell'ambito delle patologie che affliggono la popolazione dei paesi occidentali in generale, e dell'Italia in particolare, quelle cardiovascolari assumono da sempre un'enorme consistenza numerica occupando il primo posto come causa di mortalità e di morbilità.
In questo articolo:

Follow-up

Nell'ambito delle patologie che affliggono la popolazione dei paesi occidentali in generale, e dell'Italia in particolare, quelle cardiovascolari assumono da sempre un'enorme consistenza numerica occupando il primo posto come causa di mortalità e di morbilità. In questo contesto un ruolo determinante come meccanismo patogenetico assume l'Ipertensione Arteriosa che è nel mondo al terzo posto tra le cause di morte dopo la malnutrizione e l'uso del tabacco.
Secondo l'OMS l'ipertensione arteriosa coinvolge il 20 % della popolazione mondiale , tali dati epidemiologici corrispondono anche alla situazione della nostra Nazione. In Italia, infatti, secondo lo studio “RIFLE”, condotto in 13 regioni su settantamila soggetti di età compresa tra 20 e 69 anni, la prevalenza dell'ipertensione arteriosa varia dal 21.3 al 25.7 % e tale prevalenza cresce con il crescere delle età fino a superare il 30% nei soggetti anziani e studi epidemiologici più recenti mostrano valori di prevalenza crescenti rispetto a quelli trovati in anni precedenti.

Sono pertanto evidenti i motivi per i quali l'ipertensione arteriosa sistemica è oggi non solo la patologia per la quale vengono effettuate il maggior numero di visite e prescrizioni mediche, ma è anche una patologia in espansione, come frequenza di diagnosi e, conseguentemente, come costi individuali e sociali. Pertanto l'impatto che la diagnosi, la cura e soprattutto il Follow-up di questa malattia ha sulla pratica quotidiana, sia del medico di medicina generale che dello specialista, è non solo di estrema rilevanza ma assume ancora più valore in un momento storico in cui viene richiesto un più corretto utilizzo delle risorse disponibili. Inoltre nella nostra nazione all'elevata incidenza di Ipertensione arteriosa e di abitudine al fumo di sigaretta si è associato in questi anni anche un incremento dei livelli medi degli altri fattori di rischio che svolgono un effetto sinergico nel determinismo delle diverse malattie cardio-vascolari.

Tuttavia, ai notevoli progressi compiuti negli ultimi decenni in termini di diagnosi e cura della patologia ipertensiva nuove e ancora numerose problematiche rimangono non risolte e costituiscono argomento di vivace dibattito.

La prima di queste è legata al fatto che è ampiamente documentato che solo una minoranza di pazienti ipertesi viene sottoposta ad una Terapia antiipertensiva e che una ancora più ristretta percentuale presenta un soddisfacente controllo dei valori di pressione arteriosa. Alcuni dati epidemiologici recentemente pubblicati dimostrano addirittura che negli anni novanta rispetto agli anni ottanta si è ridotta la percentuale di pazienti in terapia e di pazienti trattati che raggiungono un controllo adeguato dei valori pressori.

Tali dati sconfortanti si associano, inoltre, ad un incremento della mortalità per ictus cerebrale che rappresenta una netta inversione di tendenza rispetto ai dati ottenuti negli ultimi venti anni in cui l'incidenza di questa patologia si era drammaticamente ridotta, inoltre, la pendenza della curva riguardante il declino della mortalità per cardiopatia ischemica ha presentato un consistente rallentamento a conferma del ruolo ancora determinante della ipertensione arteriosa come responsabile del rischio cardiovascolare. A tutto ciò deve aggiungersi l'aumento dell'incidenza di insufficienza renale, di cui l'ipertensione è la seconda causa principale nonché l'incremento della prevalenza di insufficienza cardiaca congestizia condizione frequentemente associata all'ipertensione arteriosa.

Alla luce di queste considerazioni il vero obiettivo del trattamento di massa dell'ipertensione arteriosa non deve essere solo la mera riduzione dei valori pressori ottenibile con i diversi farmaci e già dimostrata nei diversi studi clinici sperimentali. La “normalizzazione” dei valori pressori, più correttamente, deve essere considerata solo un mezzo e non un obiettivo mediante il quale ottenere una diminuzione di mortalità e morbilità ed un miglioramento della qualità di vita della popolazione in generale che studi controllati ed ampi hanno dimostrato potersi ottenere con tale terapia ma che invece nella pratica quotidiana è ben lontana dall'essere stata realizzata.

La necessità di migliorare questi “trends” non soddisfacenti e di tradurre i risultati delle ricerche scientifiche in un reale miglioramento pratico si è andata recentemente imponendo, e, a tale riguardo, numerose Società Scientifiche nazionali ed internazionali negli ultimi anni si sono a ragione sentite coinvolte a preparare documenti guida relativi alla ipertensione arteriosa che forniscono alla classe medica utili elementi di riferimento per affrontare più correttamente gli aspetti diagnostici, terapeutici e di follow-up di questa patologia.

Uno degli scopi principali nella preparazione delle linee guida è stato quello di colmare il divario tra conoscenze teoriche e pratica clinica realizzando una sinergia fra ciò che si dovrebbe fare e ciò che viene applicato nella pratica clinica reale.

Inoltre, un altro problema ben noto e studiato riguardo al trattamento di massa dell'ipertensione arteriosa è l'adesione del paziente alla terapia nel lungo termine. A tale riguardo bisogna ricordare che oltre all'efficacia ed alla tollerabilità dei farmaci antiipertensivi usati ci sono altri determinanti che influiscono sulla compliance del paziente iperteso al trattamento a lungo termine, e che non possono essere trascurati nell'organizzazione del follow-up di tali pazienti.

Fra questi un ruolo importante viene svolto dallo stesso medico di medicina generale sia per la conoscenza delle linee guida che per la capacità professionale nell'istaurare un giusto rapporto con il paziente e motivarlo correttamente. Inoltre, un ruolo prioritario viene svolto anche dall'organizzazione assistenziale nella capacità di facilitare l'accesso alle strutture ed ai programmi educazionali e/o di follow-up che nei trattamenti a lungo termine, come è quello atiipertensivo, bisogna ottimizzare al fine di ottenere i risultati più efficaci. E' giusto a questo punto chiedersi perché l'attuale organizzazione sanitaria in qualche modo abbia fallito come si rileva dai dati disponibili in letteratura e come possa meglio soddisfare queste problematiche.

Storicamente il trattamento dell'Ipertensione Arteriosa è stato prima appannaggio di alcuni reparti ospedalieri che avevano raggiunto una particolare dimestichezza con l'uso dei pochi farmaci disponibili per niente maneggevoli e successivamente di strutture prevalentemente ambulatoriali che si dedicavano allo studio dell'ipertensione arteriosa o più spesso al semplice trattamento dei pazienti ipertesi. Una tale organizzazione ha fronteggiato in qualche modo il problema senza però ottenere i risultati auspicabili nel lungo termine. Infatti da una parte non è esistito alcun controllo della qualità delle prestazioni erogate, dall'altra il contatto con i pazienti è stato spesso meno che episodico e quindi non in grado di assicurare un adeguato supporto logistico durante un follow-up pluridecennale quale quello dei pazienti ipertesi. Non sorprende pertanto, che circa la metà degli ipertesi sospende la terapia già nell'arco del primo anno di trattamento; ed è ovvio che senza un'adeguata organizzazione la prescrizione anche corretta fallisce perché non si riesce a promuovere e garantire l'adesione dei pazienti nel lungo termine.

Quindi, un'efficace intervento per il follow-up dell'ipertensione arteriosa che possa migliorare i risulati fin qui ottenuti richiede, pena la sua inefficacia, che tutti gli attori che partecipano all'assistenza del paziente con ipertensione arteriosa siano coinvolti, ognuno per la sua parte, assicurando un'organica azione assistenziale e verificando la rispondenza delle attività di diagnosi, cura e di follow-up agli standard di qualità ed alle linee-guida internazionali.

A questo riguardo una sperimentazione pilota con una nuova organizzazione è stata realizzata per la prima volta al mondo nella Regione Campania nell'ambito del progetto “Campania Salute- CARD”. Il ruolo di Centro di Riferimento è stato svolto dal Centro per la Diagnosi e Terapia dell'Ipertensione arteriosa annesso al Dipartimento di Medicina Clinica e Scienze Cardiovascolari ed Immunologiche della università “Federico II°” di Napoli ed hanno partecipato 23 Centri Ambulatoriali Ospedalieri ed Extraospedalieri e circa 200 Medici di Medicina Generale.

Il progetto ha avuto lo scopo di realizzare una rete telematica regionale con accesso mediante carta sanitaria multifunzione per l'archivio e lo scambio di dati epidemiologici e sanitari fra l'Università degli Studi “Federico II” di Napoli, Centri clinici ospedalieri regionali e Medici di medicina generale.

L' obiettivo principale del progetto è stata la realizzazione di un data-base condiviso rispondente alle linee guida internazionali con accesso mediante una carta sanitaria in grado anche di memorizzare un insieme di dati di identificazione personale, amministrativi e clinico-sanitari e distribuita ai pazienti ipertesi.

Il sistema informatico ha ancora oggi un limite di memoria che non consente di inserire nella “carta sanitaria”, anche in quelle di ultima generazione (Smart-Cards), dati strumentali quali l'elettrocardiogramma o l'ecocardiogramma, tuttavia questo problema, nel progetto “Campania-Salute- CARD” è stato superato dalla tecnologia attuale al costo di una telefonata urbana mediante un collegamento telematico tra i vari Centri ed un archivio centrale a cui ciascuna unità periferica può accedere in tempo reale usando come chiave la “carta” in possesso del paziente.

Presso l'ambulatorio per la diagnosi e cura dell'ipertensione arteriosa della facoltà di medicina e chirurgia dell'Università “Federico II” di Napoli è stato realizzata una struttura di gestione dei dati con accesso mediante Smart Cards secondo le più recenti esperienze, indicazioni tecniche e normative comunitarie. Tale data-base (Wincare), ad accesso distribuito, condiviso mediante la rete internet dai centri clinici ospedalieri dislocati nelle diverse province della regione Campania e da alcuni Medici di medicina generale, contiene le informazioni sanitarie introdotte dai singoli Operatori. Tale sistema è stato finalizzato allo scambio di dati clinici e strumentali dei pazienti in cura, con particolare riguardo a questa popolazione a rischio.

Gli obiettivi del progetto, nella fase “pilot”, sono stati: 1) la trasformazione della struttura di gestione dei dati in un data-base ad accesso distribuito, con l'insieme delle informazioni sanitarie introdotte dai singoli Operatori partecipanti al progetto; 2) la gestione dell'accesso controllato a tale data-base da parte degli Operatori partecipanti al progetto; e 3) l'integrazione, nel sistema realizzato, di informazioni registrate su Smart Cards secondo le più recenti esperienze, indicazioni tecniche e normative comunitarie.

La trasmissione delle informazioni tra i diversi Operatori è stata assicurata dalla Telecom mediante un collegamento telematico automatico con accesso alla rete interbusiness e con una rete di concentrazione mediante servizio Arcipelago nella modalità “Village Export”. Il Data-base prevede la possibilità di visualizzare dati clinici e strumentali integrati dalla contemporanea visualizzazione di immagini (ECG, Ecocardio etc).

L'insieme degli strumenti offerti ai partecipanti è costituito dalla carta a microchip, dall'accesso al data-base clinico, dalla possibilità di comunicare con altri Centri clinici e con altri medici, da moduli di gestione delle comunicazioni che attualmente si svolgono attraverso la rete internet e da software applicativo di gestione del data-base basato sul sistema software di gestione dati clinici “Wincare” (TSD-Projects, Mi).

Obiettivo del sistema è stato migliorare i processi di cura mediante una efficiente interconnessione del livello primario (medici di medicina generale) e secondario (assistenza ospedaliera), con un migliore e più tempestivo scambio di informazioni sui trattamenti proposti e ricevuti, sulle terapie in atto e sugli eventi di rilevanza clinica per una idonea identificazione dei bisogni degli assistiti.

Questo progetto rappresenta la prima iniziativa in campo sanitario che, sfruttando la tecnologia attualmente disponibile (Carta a microprocessore ed accesso telematico alla rete internet), propone che lo scambio di dati fra medici e medici e/o pazienti avvenga per via telematica, in tempo reale e con notevole risparmio dei disagi soggettivi.

Allo stato attuale circa 9300 pazienti affetti da ipertensione arteriosa sono stati inseriti nel progetto Campania Salute Card e di questi 4531 sono seguiti presso l'Ambulatorio dell'Ipertensione della I° Medicina Interna dell'Università “Federico II”. L'analisi preliminare dei dati ha consentito di verificare che con la realizzazione del Progetto è stato possibile ottenere una selezione della popolazione in modo da far si che sia presso il Centro Universitario che presso tutti gli altri Centri specialistici, i controlli periodici fossero seguiti prevalentemente in quei pazienti che presentavano un più elevato rischio cardiovascolare globale secondo la classificazione WHO/ISH mentre per quelli che presentavano un basso rischio il controllo ambulatoriale veniva affidato ai medici di medicina generale. Con tale sistema, pertanto, risulta evidente un più corretto utilizzo delle risorse assistenziali disponibili sul territorio e ciò non è risultato andare a detrimento della qualità dell'assistenza. Infatti, il controllo ottimale dei valori pressori in questa popolazione di ipertesi coinvolti nel progetto è risultato più che raddoppiato (circa 40%) rispetto ai dati disponibili in tutti gli studi internazionali effettuati, ed anche il controllo efficace dei valori pressori risulta raggiungere all'incirca l'80% dell'intera popolazione. Tale risultato, peraltro non prevedibile ed ottenuto con un più corretto scambio d'informazioni fra i medici di medicina generale ed i centri specialistici ha dei risvolti pratici di straordinaria importanza, poichè attualmente, a discapito dei notevoli progressi di efficacia dei trattamenti antiipertensivi disponibili, sappiamo che solamente il 20% dei pazienti ipertesi ha un efficace controllo dei valori pressori. E' opportuno sottolineare un altro aspetto di miglioramento nell'utilizzo delle risorse disponibili e con profondi riflessi anche di economia sanitaria. Infatti la causa principale di aumento dei costi assistenziali è costituita dalla scarsa aderenza alla prescrizione terapeutica. In questo caso infatti la collettività sostiene l'onere finanziario del costo dei farmaci ma non ne ricava alcuna vantaggio perchè la mancanza dell'effetto favorevole impedisce la riduzione dei costi sanitari e sociali legati alle complicanze dell'ipertensione. L'aderenza alla terapia, definita compliance, in media non supera il 50% dei pazienti in trattamento con differenze notevoli a secondo dell'antiipertensivo utilizzato. Al contrario, nel Progetto Campania Salute la “compliance” media è risultata di oltre l'80% con una persistenza nell'uso dei farmaci antiipertensivi di circa il 90% che contrasta apertamente con il dato tradizionale (circa 30%). Analogamente si è comportata la percentuale dei pazienti che dopo un anno dall'inizio della terapia utilizzano gli stessi farmaci con cui hanno iniziato. E' certamente difficile con soli due anni di ricerca stabilire la ricaduta clinica a lungo termine di questi lusinghieri parametri di follow-up. Esistono comunque altri dati incoraggianti ottenuti sulla sola casistica (c.ca 500 pazienti) raccolta da uno dei Centri Ospedalieri fornito di Pronto Soccorso che hanno partecipato all'iniziativa, l'Ospedale “S.Paolo” di Napoli. Essi dimostrano infatti una riduzione di oltre il 50% degli accessi in Pronto Soccorso per i pazienti con rischio cardiovascolare moderato e del 60% circa dei ricoveri d'urgenza per i pazienti a rischio elevato o molto elevato. In questi gruppi si è avuta inoltre una riduzione di oltre il 70% degli accessi in Pronto Soccorso.

Questa esperienza ci conferma che nell'organizzazione del follow-up del paziente iperteso è possibile ed ottenibile migliorare quei “trends” del trattamento che ancora non ci soddisfano e che contrastano con la documentata efficacia dei farmaci attualmente disponibili.

Bibliografia

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Ultimo aggiornamento: 29 Dicembre 2016
15 minuti di lettura

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