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Esami e test inutili rischiesti a quasi 1 medico su 2

Esami e test inutili rischiesti a quasi 1 medico su 2

I medici italiani sono consapevoli del fenomeno del sovrautilizzo di esami diagnostici e trattamenti. La soluzione? Discutere più a lungo con il paziente.
Roma, 8 lug. (AdnKronos Salute) - Esami e prestazioni inutili richiestissimi dagli italiani negli studi medici. Il 44% dei camici bianchi italiani riceve dai pazienti richieste di test diagnostici e trattamenti non necessari almeno ogni giorno o, comunque, più volte la settimana. E per il 93% dei professionisti il problema della frequenza di esami, trattamenti e procedure non necessari rappresenta un problema molto o abbastanza serio.
Sono alcuni dati dell'indagine sul fenomeno, condotta da Slow Medicine e Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri negli ultimi mesi del 2015. Una ricerca basata sul questionario già impiegato da Abim Foundation per i medici Usa nel 2014, per l'indagine italiana pubblicato dalla Fnomceo sul proprio sito, al quale hanno risposto 4.263 medici (40% specialisti, 33% medici di medicina generale, 26% liberi professionisti), seppure solo 3.688 l'hanno completato.

Dai risultati emerge che i medici italiani sono in generale molto consapevoli del fenomeno del sovrautilizzo di esami diagnostici e trattamenti. E indicano come soluzione al problema in particolare avere più tempo a disposizione per discutere con il paziente le varie opzioni (88%). Ma anche poter disporre di materiale informativo evidence based preparato per i pazienti (84%), e, a seguire, la riforma della legge sulla responsabilità del medico (83%) e la modifica del sistema di remunerazione/sanzione (60%).

Gli italiani seguono in buona percentuale i suggerimenti del medico: il 66% dei camici bianchi afferma che i pazienti seguono sempre, quasi sempre o spesso il consiglio di evitare test, trattamenti o procedure non necessari. Anche il dialogo appare buono: il 77% dei professionisti dice che quando il paziente richiede un test, un trattamento o una procedura non necessari, sempre o quasi sempre gli spiega perché quanto richiesto non è necessario. Una percentuale un poco inferiore (54%) riferisce di parlare sempre, quasi sempre o spesso con i pazienti dei costi delle diverse procedure.

Se però il paziente non è convinto e insiste, il 36% dei medici prescrive un test, un trattamento o una procedura pur ritenendolo inutile, e il 20% si dichiara incerto. L'esigenza di una maggior sicurezza emerge anche nelle risposte successive: il 51% indica la necessità di sicurezza tra le maggiori motivazioni di prescrizioni non necessarie, mentre il timore di sequele legali rappresenta una motivazione maggiore per il 33% dei rispondenti e il desiderio di assecondare il paziente è chiamato in causa da percentuali ancora inferiori.
Solo il 23% dei medici si sente molto sicuro nell'indirizzare il paziente a evitare un test, un trattamento o una procedura non necessari. La maggioranza dei camici bianchi (63%) si sente molto responsabile della corretta informazione del paziente per evitare test, trattamenti e procedure non necessari. E il 79% ritiene che il medico sia la figura con il ruolo più adatto per affrontare il problema di test, trattamenti e procedure non necessari, distanziando di gran lunga altre istituzioni: solo per il 7% questa funzione la hanno le aziende sanitarie, per il 5% il legislatore o il Governo, sempre per il 5% le società scientifiche.

L'indagine ha analizzato le risposte anche per genere, per tipo di attività lavorativa e per area geografica (Nord, Centro e Sud). Le differenze più interessanti e statisticamente significative hanno riguardato la suddivisione per tipo di attività lavorativa: specialisti, medici di medicina generale, liberi professionisti. In particolare, come era prevedibile, i medici di famiglia risultano i più bersagliati da richieste dei pazienti non condivisibili e contemporaneamente sono anche quelli i cui consigli di evitare un test sono seguiti meno frequentemente. D'altra parte i medici di famiglia non rinunciano a spiegare la loro contrarietà, anche se sono i medici specialisti a sentirsi più sicuri nell'orientare i pazienti.

Gli autori dell'indagine rilevano come dai dati emerga che le misure da mettere in atto, indicate come prioritarie, sono, "oltre alla riforma della legge sulla responsabilità del medico, l'esigenza di una maggior sicurezza per fronteggiare il fenomeno, che sembra indicare l'opportunità di iniziative di informazione e formazione sul tema, e la necessità di avere più tempo da dedicare alla relazione con il paziente e di padroneggiare gli strumenti della comunicazione".
"Dall'insieme di questi dati - indicano in conclusione Fnomceo e Slow Medicine - emergono ancora due indicazioni: la volontà dei medici di essere coinvolti in processi di condivisione dal basso delle scelte, e non essere soggetti a imposizioni per decreto, e la richiesta che i cittadini possano ricevere su questi temi un'informazione istituzionale indipendente".
Ultimo aggiornamento: 08 Luglio 2016
5 minuti di lettura

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